Quanto tempo si passa in carcere? E’ sempre troppo, soggettivamente. A prescindere dalle cause, indipendentemente dalla coerenza tra reato e pena, o dal funzionamento della giustizia che a volte sbaglia, o persino dal fatto che uno se lo sia andato a cercare o gli sia caduta addosso come un macigno… il peso è gravoso.
Però, val la pena aggiungere, ancora più faticoso della quantità dei tempo da vivere rinchiusi, piuttosto fa problema come trascorrere quel tempo. Con buona pace dei testi che parlano di rieducazione e reinserimento, il tempo che si è condannati a vivere in carcere è molto vuoto. Per tanti, sono ore e giorni e mesi di tv o di tornei di scopa… uno dopo l’altro a sommare annate identiche a sé stesse. Sono poche le “attività”, altamente intese, che l’Istituzione appronta per indirizzare un buon uso di quel tempo, per aiutare quel tempo a svilupparsi non vanamente. Davvero poche.
E se il tempo non ha uno scopo, certamente passa, ma passa e basta, lasciando le persone soltanto più vecchie. Non cambiate, non consapevoli, non recuperate né riabilitate, non migliori.
Allora sono un vero tesoro le occasioni – quasi tutte attivate da volontari che si spendono con generosità e impegno – che danno quel senso; ad almeno una fettina di tempo.
Come quella che ormai da anni ci portano i volontari di Incontro & Presenza che si prodigano per coinvolgere anche noi che siamo in prigione nella Colletta che il Banco Alimentare organizza a livello nazionale quando si avvicina il Natale.
Anche questa volta dunque per la fine di novembre i volontari hanno organizzato la cosa superando difficoltà burocratiche, vincendo resistenze, avendo cura che l’iniziativa non violi alcuna regola di sicurezza. Ma ci sono riusciti; passeranno a raccogliere quanto sapranno donare i detenuti, che sono reclusi sì, ma non penso per questo sordi o ciechi e quindi si rendono conto che tante persone “fuori” stanno forse peggio di loro.
Anche questo aspetto susciterà magari qualche stupore ma è invece vero come chi ha perduto il bene più grande, la libertà, sappia accorgersi spesso con sensibilità notevolissima dei bisogni e delle mancanze di altri che quel bene tecnicamente hanno, ma sono impediti a usarlo davvero da mille lacci e freni.
La Colletta consente di far qualcosa di concreto: cibo comprato apposta per essere donato; cibo che è alimento fisico per chi lo riceverà e alimento spirituale per noi che lo offriamo – e forse questo è il vantaggio più grande. In un luogo dove il vero problema è trovare senso al tempo (e c’è chi conta gli anni a lustri, chi a decenni…) partecipare alla Colletta è un regalo che riceviamo noi, molto più evidente e importante del poco che riusciamo a donare da qui.
Per alcuni giorni si innesca la curiosità, bisogna spiegare che cosa è a chi non lo sa o non lo ricorda, bisogna un poco darsi da fare per distribuire le speciali schede predisposte per comprare i generi alimentari, bisogna ascoltare le lamentele anche, bisogna rispondere, sollecitare, caldeggiare e promuovere.
Un’occasione, dicevamo. Che ti fa dire: oggi un pochino sono stato utile, oggi ho dato qualcosa a qualcuno, oggi ho ricevuto moltissimo. Oggi. Un giorno che ha avuto senso.
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