Il rapporto con i poveri inquieta: è ricerca, non catechismo”. A dirlo è la persona probabilmente più qualificata a Milano, ma non solo perché il suo esempio è arrivato in ogni angolo d’Italia. Don Virginio Colmegna sin da giovane sacerdote, tra la Bovisa e Sesto San Giovanni, quartieri periferici e operai di Milano, si è dedicato a comunità di accoglienza, nel campo della sofferenza psichica e dei minori, per poi diventare direttore della Caritas Ambrosiana e in seguito membro del Comitato di sostenibilità di Eurizon Capital e dopo essere stato consigliere indipendente del Consiglio di amministrazione è vice presidente di Etica Sgr. “Non chiamatemi prete di strada” ci ha detto in questa conversazione “mi arrabbio quando me lo dicono, io sono prete di comunità perché è nella comunità, nel vivere insieme che ho imparato a condividere. Non ho imparato ad aiutare, ho imparato una tensione spirituale che è diventata un incontro”. A proposito della Colletta Alimentare, dice che è “un gesto straordinario, una sfida, ma anche una incompiuta, perché sollecita a vivere continuamente gesti di solidarietà, a non fermarsi lì”.



Lei ha iniziato sin da giovane a occuparsi di persone disagiate, cosa è stato a spingerla in quella direzione?

Non mi sono occupato di qualcosa. La forza scatenante è stata il Vangelo, la capacità di riscoprire la novità straordinaria contenuta nei Vangeli. Accogliere una vocazione significa ricomprendere che “da ricco che era si fece povero”. Gesù ci ha consegnato la fragilità come punto di partenza per avvertire il desiderio forte di essere figli del Padre.



E questa intuizione si è tradotta in opere concrete.

Una tensione spirituale che è diventata un incontro, quello che papa Francesco dice nellesortazione apostolica Gaudete et exsultate. Da lì è nata una forza che mi ha messo a vivere insieme, non ad aiutare. Ho convissuto per dieci anni con i disabili psichici nel momento storico in cui venivano chiusi i manicomi, dando loro dei luoghi dove abitare. Ho imparato da loro il senso del limite e della carità, da lì è poi nata l’esperienza in Caritas e la fondazione di cooperative. Non saprei fare altro che vivere in comunità, io sono un prete di comunità, è un modo di essere.



La storia della Chiesa ci dice che la carità dei primi cristiani fu il fatto che fece convertire i pagani. Oggi che valore ha?

Ce lo dicono gli Atti degli Apostoli, il tema della diaconia degli apostoli è la carità. Mi recai un giorno dal cardinale Martini e gli dissi: la parola carità la scambiano con elemosina. Lui mi disse usa la carità perché la carità svolge la giustizia, è capacità profetica. Oggi tutti ci dicono che siamo “buonisti”, ma è la forza della giustizia, della solidarietà quella che ci muove. In un momento drammatico come questo è unoperazione straordinariamente culturale.

Lei conosce certamente la giornata della Colletta Alimentare come gesto di carità. Che valore ha oggi?

È un gesto straordinariamente importante, è una sfida, direi un gesto incompiuto.

Cosa intende?

Incompiuto perché non si ferma lì, a quel giorno, ma sollecita a vivere altri gesti di solidarietà. Abbiamo bisogno di un grande investimento culturale perché cambi lo stile di vita. Partecipare alla giornata della Colletta Alimentare non vuol dire fare una buona azione, ma partecipare a una riflessione, quella che papa Francesco cita nella Laudato si. È la capacità di guardare, mettere nel carrello il cibo che dà vita a tante esperienze di bontà. Quando il papa dice che la Chiesa non è una Ong lancia un allarme: non perdete il significato profondo del gesto, la spiritualità, le motivazioni grandi perché al centro c’è la dignità del povero. È una grande giornata che dà la possibilità di creare una cultura solidale, far respirare la giustizia. Non diamo per scontate queste cose. Dobbiamo cambiare linguaggio. Ci dicono che siamo bravi, poi i mercati, l’economia continuano con lo spreco e lo sfruttamento. C’è bisogno di una conversione ecologica.

Negli ultimi anni la Colletta è caratterizzata dalla partecipazione di comunità islamiche, non credenti: come lo spiega?

La carità è ecumenica. È la parola sognata dal papa: la fraternità apre un orizzonte di temi, quelli della tenerezza, dello stare insieme, del volersi bene. Il cardinale Martini la chiamava amicizia civica.

(Paolo Vites)