Il ‘Fiat 682’. Un nome, un camion. Un motore, un suono, un frontale. Una pietra miliare nella storia dei trasporti nazionali. Una gloria su gomma tutta italiana andata in scena per ben 35 anni nella fabbrica di mezzi più famosa del Belpaese (transitata da ‘Fiat Veicoli Industriali’ a ‘Iveco’), che lo produsse in innumerevoli versioni dal 1952, anno in cui nacque, sino al 1988.



Un ‘pontificato’ unico nell’evoluzione degli autocarri. Simile per lo più alla longevità di quello che contraddistinse l’operato irripetibile di San Giovanni Paolo II, dal 16 Ottobre del 1978 al 2 aprile del 2005. Ed entrambi cambiarono il mondo. Ciascuno a modo proprio.

Uno, nostrano, da ricostruire, con tutte quelle ceneri postbelliche da trasformare in carburante e linfa vitale per il futuro. L’altro, internazionale, alle prese con un mondo uscente da una forte crisi energetica, tra la scia di un terrorismo battente ormai al tramonto ed altrettanto, fremente entusiasmo per quell’irripetibile decennio che tutti conoscono come Anni Ottanta. Con i cuori nuovamente aperti ad accogliere la potenza inarrestabile di un esemplare, rinnovato vigore nella trasmissione della bontà primigenia del messaggio evangelico.



Già, perché i corsi e i ricorsi dei secoli presentano, spesso, anche curiose analogie. Un’Italia desiderosa di ripartenza trovò in quel camion singolare, forte e robusto come un bracciante di vecchia data e altresì sobrio come il più umile dei fedeli in chiesa: il segnale giusto con cui inaugurare una lunga stagione di prosperità.

Ripartiva lo stivale, e con lui anche l’82 (come lo ricordano ancora in gergo oggi gli autisti di allora), che negli anni della maturità si fece anche più bello. Imparando giorno per giorno a prendersi un po’ più cura anche di sé, con tanto di ‘baffo’ cromato e ben curato sempre in gran spolvero sul frontale di una cabina che diverrà l’emblema estetico anche di tanti altri modelli successivi.



Che dell’insuperabile nonno mutueranno gli aspetti costruttivi migliori: aggiungendo, ognuno, qualche cosa di sé. Un particolare meccanico o di carrozzeria in più, a testimonianza di quel principio ineludibile che sovraintende tutte le cose visibili e invisibili che risponde al nome di eterogenesi dei fini. Il caos creativo che determina orientamenti e intendimenti al di là delle singole volontà, scrivendo pagine inedite di vita.

Lo stesso fece nel medesimo periodo, in un pianeta afflitto da contraddizioni frenanti e desideri di nuove ripartenze liberali e sociali, quell’uomo venuto da molto lontano. Da una Polonia oggi oggetto di rischio di contesa. Terra di santi in cui maturò altresì la vocazione di Santa Faustina Kowalska, che con il prelato testimone dell’abbattimento del muro di Berlino e di molte altre barriere intrattenne un carteggio splendido: sull’onda di quell’amore per Divina Misericordia che un fervente e carismatico Karol Wojtyla inserì di diritto nel calendario liturgico annuale, una settimana esatta dopo la Pasqua.

Sta di fatto che i giganti, quelli veri, siano essi della Strada o della Storia, condividono e portano sanamente in sé una profonda verità. ‘Chi è amato non conosce morte. Perché l’amore è immortalità. O meglio, è sostanza divina’. Ha ragione Emily Dickinson.

Ed è per questo che al ‘Fiat 682’, a Stroppiana, nel Vercellese, il 26 novembre prossimo verrà dedicato un apposito raduno. Cornice del quale è la ‘casa di riposo’, la ‘Rsa’ di settore che ogni mezzo pesante sognerebbe per sé a fine carriera, se solo potesse parlare ancorchè ruggire e fumare: lo showroom della ‘Collezione Mezzi Storici Marazzato’, dal cognome indelebile di quell’appassionato industriale Carlo, amico fraterno e maestro impagabile, che di autocarri d’epoca di ogni genere ne ha raccolti e restaurati maniacalmente oltre 250, oggetto di ammirazione e pellegrinaggio costanti da tutta Europa.

Un tributo d’amore unico al mondo nei confronti del padre Lucillo: il quale, proprio a bordo di un camion, diede il via a una omonima storia d’impresa fiorente che prosegue oggi sotto la guida altrettanto sapiente dei nipoti Alberto, Luca e Davide.

Intenti con coraggio e medesimo cuore pulsante a portare avanti la passione del padre in memoria riconoscente all’indimenticato genitore: scomparso prematuramente, proprio nell’anno in cui l’azienda di famiglia si apprestava a spegnere le prime settanta candeline. Quasi come se un alone di impalpabile leggenda ne avesse desiderato delicatamente venare la preziosa ricorrenza.

Mentre del ‘Fiat 682’, al momento attuale, giunge qualche eco dal Continente Nero, così come lo canticchiava Edoardo Vianello ai tempi del boom economico: laggiù fu ribattezzato Sua Maestà ‘Il Re D’Africa’.

Lì soltanto oggi circola e opera ancora (per la gioia dei demolitori italiani, pronti a far affari a suon di ricambistica con i loro fratelli di colore). Sic transit gloria mundi.

Tutte le informazioni sul sito www.gruppomarazzato.com.