Anche se, da Kiev a Kharkhiv, non cessano attacchi, bombardamenti e uccisioni di civili, ieri è stata una giornata in cui la diplomazia sembra aver rubato la scena alla guerra. In una località segreta sulle rive del fiume Prypyat, in Bielorussia, si sono tenuti i primi colloqui fra le delegazioni di Russia e Ucraina, che in serata sono tornate nelle rispettive capitali per consultazioni. Ma è già previsto un secondo round di negoziati, come riferiscono fonti di Kiev e come ha confermato il negoziatore russo Vladimir Medinsky: “Abbiamo trovato alcuni punti su cui è possibile trovare un terreno comune”. Sempre ieri, poi, si è tenuto un colloquio telefonico fra Emmanuel Macron e Vladimir Putin, nel corso del quale il presidente russo ha avanzato le sue richieste per un accordo con Zelensky: smilitarizzazione e de-nazificazione di Kiev, neutralità dell’Ucraina e riconoscimento internazionale della Crimea come territorio russo.



In mezzo a tutto questo, la dichiarazione dell’Alto Rappresentante della Ue, Josep Borrell, prima di partecipare al Consiglio Difesa: “Parleremo di come usare il mezzo miliardo di euro che è stato stanziato per le forze armate ucraine. Serviranno per armi difensive, di grosso calibro e armi anticarro per respingere l’aggressione”. Una situazione che resta molto delicata, fragile e fluida. Per provare a fare il punto abbiamo intervistato Germano Dottori, consigliere scientifico di Limes e già docente di Studi strategici presso la Luiss-Guido Carli.



Le delegazioni di Russia e Ucraina si sono incontrate ieri in Bielorussia per un faccia a faccia a più riprese, che dovrebbe riprendere nei prossimi giorni. È un buon segnale? È ancora possibile una de-escalation?

Non sappiamo come stiano andando le cose, perché la situazione sul campo la conoscono solo le parti in causa. Soltanto i negoziatori russi e ucraini sanno veramente in che condizioni si trovino e quanto lontani siano dai propri obiettivi di guerra. Capiremo in seguito.

“La delegazione russa è pronta a negoziare tutto il tempo necessario per raggiungere un accordo”, ha dichiarato il capo negoziatore russo, Vladimir Medinsky, citato da Interfax, mentre l’Ucraina chiede il cessate il fuoco immediato e il ritiro dei russi. Qual è il disegno di Putin e come valuta le richieste di Zelensky? Su quali punti potrebbero avviare una trattativa?



È una questione aperta. Zelensky ha i russi alle periferie della sua capitale. Premono. Inoltre, l’Ucraina sta subendo danni notevoli. Mosca vorrebbe la neutralità di Kiev. Non so se il presidente ucraino possa concederla. Ho qualche dubbio al riguardo, ma non conosco esattamente i suoi piani. Le incognite sono tante. Il tempo ha un valore diverso per le parti in lotta e forse anche per le singole componenti coinvolte. Ad esempio, forse i militari russi non hanno fretta, ma ne ha magari molta il vertice politico che si trova al Cremlino. Non sappiamo.

Come valuta le nuove minacce nucleari di Putin, che ha messo in allerta stato di combattimento rafforzata anche le flotte e l’aviazione dal Mar Nero al Pacifico? Pur di vincere la Russia potrebbe ricorrere “alla forza indiscriminata”? Si rischia una guerra nucleare?

A me sembra una forma di intimidazione rivolta principalmente alle incerte opinioni pubbliche europee. È ovvio che scatterebbero i meccanismi della dissuasione nucleare reciproca. Ma va detto che alcune iniziative in atto sono molto ambigue. E mettere Putin con le spalle al muro potrebbe essere rischioso.

L’Europa è sempre più al fianco di Kiev… 

Forniremo a titolo di aiuto materiali d’armamento agli ucraini. È possibile che il gesto venga considerato un atto di cobelligeranza da parte nostra. Durante la Guerra fredda i due blocchi si percepivano reciprocamente forti. Oggi c’è invece la sensazione che russi e Occidente considerino deboli le rispettive controparti. Tale circostanza comporta dei rischi che stanno emergendo. Ognuno è costretto a fare passi eclatanti che tendono ad accrescere la propria credibilità e ad impressionare gli interlocutori, ma destabilizzano.

Quanto può essere efficace l’arma delle sanzioni? Come evitare che si ritorcano contro l’Europa?

Temo che per almeno uno dei grandi attori di questa crisi le sanzioni fossero sin dall’inizio l’obiettivo, piuttosto che un mezzo. Con vari risultati, il principale dei quali è l’indebolimento della Russia, ovviamente, seguito però da quello dell’Europa. Tutto questo era molto chiaro alle diplomazie di Francia, Germania e Italia, che hanno fatto il possibile per scongiurare il conflitto, venendo spiazzate dalla decisione del presidente Putin.

Joe Biden risponde a chi preme per un intervento militare Nato spiegando che “l’unica alternativa possibile alle sanzioni è l’inizio della Terza guerra mondiale”. Oggi che potere di deterrenza hanno gli Usa e la Nato?

Il guaio è che la dirigenza russa inizia a non pensarla così, normalizzando, se così si può dire, anche l’idea che possano essere usate le armi nucleari contro i paesi che stanno “interferendo” con le operazioni militari di Mosca in Ucraina. Ci stiamo incamminando su un sentiero pericoloso.

(Marco Biscella)

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