Lo chiamavano l’angelo biondo, lo soprannominavano la furia serba perché a molti ricordava la furia ceca Pavel Nedved. I paragoni anche fra gli addetti ai lavori si sprecavano. A Milos Krasic erano bastate le prime gare per convincere tutto l’ambiente bianconero; adesso dopo una stagione la sua storia in Italia sembra essere arrivata al capolinea. Se nel 4-4-2 di mister Del Neri soffriva la fase difensiva, nell’atteggiamento tattico di Conte non convince, troppo timido, in quella offensiva. Non ha più compiti prettamente di copertura, ma non riesce a incidere. Dove è finito quello che nel 2009 era stato definito il miglior calciatore serbo? Dove è finita la sua proverbiale velocità? Il primo novembre ha festeggiato un compleanno triste, ha tagliato il traguardo dei 27 anni che per molti sportivi rappresenta l’acme della carriera e del rendimento. Milos non è felice a Torino, anche perché nella passata stagione è stato investito di troppe responsabilità: in poche parole le sorti della Juve dipendevano dalle sue giocate. Oggi, in virtù anche del suo carattere introverso, si è chiuso in se stesso e forse ha compreso di essere già designato come pedina di scambio nel mercato di gennaio (Tevez-Krasic con il City? O un ritorno in Russia, ma questa volta allo Zenit?). Potrebbe certamente fare di più, ma non può essere ancora considerato un campione. Dalla sua ha le tante partite nelle gambe (dal 2004 al 2010) ha giocato 150 gare con il Cska Mosca prima di arrivare – senza rifiatare – alla Juventus. Anche per questo motivo il ragazzo non andrebbe ulteriormente responsabilizzato, ma sarebbe da accompagnare; Krasic, invece, è stato sacrificato sull’altare prima di Del Neri e oggi di Conte. Non dimentichiamoci che tanti altri grandi della storia della Juve hanno faticato e non poco a imporsi subito. Anche lo stesso Conte ha delle colpe sul piano della preparazione, se è vero che nessuno degli esterni in rosa ha fin qui convinto. Per ritornare a correre, Milos deve riacquistare la felicità perduta. E, forse, deve liberarsi della paura per provare giocate più difficili. Alla Vecchia Signora non serve un interprete di valore che si limita al compitino. 

Altrimenti saremo costretti a riconoscere che il paragone più azzeccato è quello attribuitogli da Giorgio Chiellini: Shaggy, il protagonista molto pauroso e un po’ sfortunato di Scooby-Doo. Shaggy-Krasic ha, però, l’opportunità di costruirsi la sua fortuna sul campo. Basta crederci. Basta aiutarlo. Poi a giugno (speriamo non a gennaio) si vedrà.