I suoi piedi sono come una calamita per i palloni che gravitano dalle sue parti. Andrea Pirlo da Flero, un paese alle porte di Brescia, è un artista che sa disegnare parabole vellutate e lanci millimetrici. Non perde facilmente un pallone a tal punto che quando succede costringe i cronisti a gridare al mezzo miracolo. La palla passa sempre obbligatoriamente dalle sue parti, perché con lui è come mettere in banca un bel gruzzoletto di denaro senza correre il rischio di essere derubati. Da buon produttore Andrea Pirlo è come il buon vino che invecchiando migliora. Forse non avrà più lo scatto di un tempo, ma ha nella testa la capacità di gestire le forze e, soprattutto, i momenti difficili. Certo anche lui ha bisogno di centrocampisti che si inseriscano e di due laterali in grado di arrivare sul fondo per sfruttare i suoi assist che abilmente scavalcano la linea difensiva. È lui il vero top player dei bianconeri, è lui che come Xavi meriterebbe – non solo per la carriera – il pallone d’oro. La scelta di sposare il progetto di Conte ha giovato al rendimento del calciatore cresciuto nelle rondinelle e rilanciato da Carletto Mazzone prima e da Carlo Ancelotti poi al Milan nel ruolo di playmaker di centrocampo. Ogni volta che si avvicina alla bandierina per tirare un calcio d’angolo scatena l’ovazione dello Juventus Stadium. Se la Vecchia Signora non perde la fame di vittorie, è un osso duro per tutti, anche in Europa. Sì, è vero manca un finalizzatore in grado di sigillare le partire più ostiche, ma la Spagna che ha vinto l’Europeo poteva vantare un attaccante da prima fila? No, ma con il gioco e con l’inserimento dei suoi centrocampisti era ed è quasi imbattibile. Lo stesso si può dire per la Juventus che ha il miglior centrocampo d’Italia e d’Europa per il giusto mix tra qualità e organizzazione. La mancanza di un fuoriclasse nel settore offensivo non può essere visto come un limite: Giovinco, Quagliarella, Matri e Bendtner partono tutti allo stesso livello e possono ruotare a seconda delle caratteristiche degli avversari. Non ci sono prime donne. L’unico distinguo, forse, va fatto solo con Vucinic che sa di partire – quando sta bene – davanti agli altri. Per il resto una squadra come la Juventus è all’altezza delle altre compagini se tutti i reparti si muovono con la medesima intensità, aggrediscono l’avversario e attaccano gli spazi.
A chi ha sentenziato – troppo frettolosamente – l’inizio della fine della squadra imbattibile (per 49 gare), non resta che rispondere con i numeri di una rosa competitiva. Certe sconfitte – come quella maturata contro l’Inter – bruciano ma possono servire per ritornare sulla terra e ritrovare le giuste motivazioni, quelle motivazioni che hanno determinato in un anno e mezzo la crescita esponenziale della squadra.