A volte basta un po’ di fiducia. Fino a un mese fa Fernando Llorente sembrava destinato a un addio anticipato a gennaio. Qualcuno lo paragonava già alla meteora Bendtner, qualcun altro a Krasic… in molti dicevano: “Forse ha i numeri, ma evidentemente non è da Juve”. Pareva destinato più al rotocalco che al campo. Come se fosse facile emergere in un meccanismo già oliato, come se fosse facile comprendere da subito i dettami tattici di un allenatore esigente come Antonio Conte. E invece, lentamente, Fernando ha conquistato la fiducia del mister e l’affetto dei tifosi, ma soprattutto ha ritrovato la fiducia in se stesso: la testa, infatti, fa correre più veloci anche le gambe. Per carità, Llorente non ha ancora lo spunto che gli è valso la chiamata alla Juve, ma sta recuperando la forma migliore per conquistare la Vecchia Signora e al tempo stesso la Roja. La bandiera del San Mamès, il “Re leone” (per i riccioli, oggi accorciati, ma anche per la forza di volontà), ha trascinato il Bilbao alla finale europea, 35 anni dopo l’ultima apparizione. Quando nel 1977 la Juventus di Trapattoni vinceva la Coppa Uefa al San Mamès, lui non era ancora nato (è del 1985). Simbolo dell’orgoglio basco prima di accettare la nazionale spagnola, nelle ultime settimane ha iniziato a twittare più di frequente perché è contento, sorride per quello che sta vivendo a Torino, è contento, memore dei fasti spagnoli, del tifo caldo dello Juventus Stadium. Ha scelto la maglia numero 14, che in bianconero è stata indossata da un altro vincente come Didier Deschamps (non a caso di origini basche). Il giovane di Pamplona, la città della festa di San Firmino, è ambizioso: punta al titolo con la Juve, alla Champions e al Mondiale. Dal gol decisivo messo a segno contro il Verona è rinato. E, comunque, non si segnano due gol al Real Madrid per caso. Nel momento di maggiore difficoltà ha giocato un ruolo decisivo anche la serenità famigliare con la storica fidanzata Maria. Importante anche il rapporto stretto con i compagni di squadra, rapporto testimoniato anche dagli abbracci e dai sorrisi sul terreno di gioco. Punta di manovra, con i suoi movimenti…
… permette ai centrocampisti di trovare varchi importanti nei loro inserimenti. Conte gli ha chiesto anche di pressare, poi cercherà con gli esterni di sfruttare i 195 centimetri d’altezza dello spagnolo: basti pensare che nella stagione 2011-2012 realizzò di testa 14 delle 29 reti complessive. E così la critica non lo accosta più a Bendtner ma a Luca Toni e a Trezeguet. Sì, il paragone con il franco-algerino è ancora un po’ azzardato, ma è altrettanto vero che il gol di Livorno ricorda molto le prodezze balistiche dell’attaccante che ha fatto la storia della Juve. Fernando non vuole fermarsi: sa quali sono le sue potenzialità e sa dove può arrivare.