Ci sono condottieri che hanno preferito puntare sull’autorità, altri sull’autorevolezza. Entrambi hanno fatto la storia perché sono più le circostanze a determinare successi o gli insuccessi. Antonio Conte appartiene alla categoria dei condottieri, ma solo quando alla fine del suo percorso saluterà il gruppo sapremo se è stato autorevole o se piuttosto autoritario. Oggi il mister bianconero è a un bivio importante. Ha sì dato la sua impronta alla Juventus dei record, contribuendo al ritorno alla vittoria (due tricolori che potrebbero presto diventare tre) della Vecchia Signora, ma ha anche avuto un’annata sfortunata sul fronte della Champions League e della Coppa Italia: ha gestito male, sottovalutando gli avversari, la fase a gironi europea e ha affrontato non al meglio la sfida contro la Roma. In campionato, invece, ha continuato a correre con qualche fisiologico passo falso. Passi falsi che forse si potevano evitare con una maggiore rotazione del gruppo: l’idiosincrasia di Conte ai cambi è risaputa, perché se va bene modifica il suo assetto dal minuto 75 in avanti. È sempre, però, difficile muovere delle critiche al suo operato perché i numeri sono tutti dalla sua parte. In un campionato dominato in lungo e in largo, Antonio potrebbe fare ricorso a un turnover più massiccio, specie per amministrare match già vinti, si vedano i casi di Fiorentina, Inter e Verona dove molti calciatori hanno tirato indietro la gamba. E così questa settimana i vetri di Vinovo hanno tremato al rumore delle urla di Conte che ha preso di mira difesa e centrocampo per la leggerezza dimostrata: nell’occhio del ciclone sono finiti Bonucci, Pogba e Vidal. Non occorreva, come ha detto Fabio Capello, arrivare a tanto, bastava valorizzare al meglio le risorse a disposizione. È possibile che attaccanti come Giovinco, Vucinic e Quagliarella non siano mai in grado di giocare 30 minuti? Lo stesso vale per Isla o Marchisio (tanti elogi per lui ma pochi minuti)? Certo i risultati…



… sono tutti dalla parte di Conte, ma la società corre il serio rischio di ritrovarsi con calciatori demotivati e, soprattutto, svalutati. Ne vale la pena? No, anche perché a giugno Marotta e Paratici hanno bisogno di un bel gruzzoletto per chiudere gli affari Cuadrado e Guarin e per proporre un ingaggio interessante a Mandzukic. Manca, per la cronaca, anche un esterno sinistro che possa dare il cambio ad Asamoah. I soldi in entrata per Vucinic e Quagliarella non bastano, si deve saper monetizzare anche con i vari Padoin e Isla. Non è escluso un sacrificio importante (uno tra Bonucci al Monaco, Chiellini o Marchisio) per resistere alle sirene su Pogba. Andrea Agnelli è stato chiaro: l’obiettivo della prossima stagione è la Champions League e, per arrivarci, non si può almeno per un anno rinunciare al talento del centrocampista francese.

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