La Juventus non ha bisogno delle polemiche. Ha sbagliato Fabio Capello a commentare il mancato turno di riposo concesso da Antonio Conte dopo il match con il Verona, ma ha sbagliato anche Antonio Conte ad alimentare lo scontro verbale. Capello, pur nella libertà di pensiero, dovrebbe ricordarsi che è sempre spiacevole giudicare l’operato di un collega, soprattutto senza sapere le motivazioni che hanno portato il tecnico ad agire in quel modo. Detto questo, è condivisibile l’analisi fatta da Capello quando ha sottolineato l’assenza di rivali della Juventus sul suolo italico. Questo è una dato incontrovertibile, basta sfogliare le rose della serie A per comprendere che i campioni – tranne qualche eccezione come Higuain, Pogba, Vidal  e Tevez – sono altrove, non certo in Italia. La Juve di Capello – Luciano Moggi docet – era una compagine lontana anni luce da questa. Sì, forse ha vinto meno di quello che poteva vincere, soprattutto in Europa, ma non dimentichiamoci che il suo cammino è stato bruscamente interrotto dalle sentenze di Calciopoli. Chissà come sarebbe finita nell’anno dopo i Mondiali.  Conte, quindi, che dovrebbe essere fiero di aver abbattuto alcuni dei record stabiliti da quella formazione, preferisce metterla sul piano personale. E qui sbaglia. La Juventus è qualcosa che va oltre Fabio Capello, così come è andata oltre Trapattoni o Lippi, ma che andrà anche oltre la figura di Antonio Conte. La Juventus ha una storia. Non possiamo, quindi, apprezzare le dichiarazioni di Conte quando allude (poi ha smentito ma intanto l’aveva detto) ai due scudetti conquistati da Capello e poi revocati: volendo, infatti, colpire l’allenatore friulano, ha invece colpito tutti i tifosi bianconeri che sono convinti – da sempre – di aver meritato sul campo quei trofei. L’invito, rivolto a entrambi, è quello di superare le questioni personali per il bene della Juve. Per il resto, il Conte furioso (il Conte-Mourinho direbbe qualcuno) non è poi così simpatico. Ha dalla sua parte dei numeri importanti che testimoniano il grande lavoro che sta facendo. E di questo dovrebbe essere fiero. È, però, un passionale che a volte perde le staffe, ma i tifosi hanno imparato a conoscerlo. Non è un mistero affermare che in questa squadra si rispecchiano molto il suo carattere e il suo temperamento. Al momento ha mostrato solo un limite: l’Europa. Non avrà i giocatori per arrivare fino in fondo alla competizione, ma per superare il primo turno sì. Nel suo cammino europeo è facile ritrovare anche alcuni peccati di orgoglio con un turnover poco sollecitato; comunque ha il merito di essere un tutt’uno con i suoi calciatori, emblematico da questo punto di vista l’atteggiamento mostrato nei confronti di Giovinco, subissato di fischi: Conte non ha avuto paura e ha protetto la “Formica atomica”, rinnovando così il patto di ferro con la squadra. Forse avrebbe potuto fare giocare Giovinco (e tutti gli altri) anche in qualche altro frangente, ma questa è un’altra storia.