Ci sono giocatori che fanno la storia di una squadra. Non hanno nomi altisonanti ma risultano sempre determinanti, perché sanno farsi trovare pronti al momento giusto. E questa, chi ha giocato a calcio ne è consapevole, è una dote non indifferente. Classe 1984, Simone Padoin si è conquistato, partita dopo partita, i tifosi juventini. Il quarto scudetto è anche suo. Ha accettato di partire come riserva in una grande squadra non per svernare all’ombra di grandi campioni ma per portare il suo contributo. Per la sua duttilità e per le sue qualità meriterebbe anche la nazionale, perché è giusto che la classe operaia dai piedi buoni possa ambire anche al paradiso.

Come il buon vino migliora “invecchiando” (sportivamente parlando): riesce, infatti, ad apprendere qualcosa da tutti i grandi campioni con i quali si allena quotidianamente. La sua serenità trova una spiegazione nella famiglia. Ha conosciuto Valentina (“è stato il mio primo vero e unico amore”) e dopo otto anni di fidanzamento nel 2010 l’ha sposata. Dal loro matrimonio, lo scorso gennaio sono nati due gemelli: Andrea e Daniele. Con la moglie, a Seriate, ha investito anche nel Simone Padoin Atelier con il desiderio di coniugare l’eleganza e la raffinatezza con la modernità e la contemporaneità.

Allegri ha saputo valorizzare le qualità di Simone in difesa, a destra (Lichtsteiner) e a sinistra (per far rifiatare Evra), e a centrocampo, indifferentemente dal modulo prescelto. E se il web l’ha preso come icona (“ha vinto più scudetti lui della Roma e di Totti”), lui certo non si scompone, anzi resta con i piedi per terra. E per vincere non basta il fuoriclasse, serve anche il gregario di lusso. Non è certo uno da discoteche e locali notturni, preferisce lavorare sul campo. Anche per questo era stato scelto da Antonio Conte (ha il fiuto raffinato per questi calciatori) con quel soprannome “San Padoin l’onesto” che ancora oggi lo accompagna. Nato a Gemona del Friuli, ha incominciato a tirare due calci al pallone con il mito di Giuliano Giannichedda (un altro ex bianconero), è cresciuto nelle giovanili dell’Atalanta e ha fatto l’esperienza della prima squadra con il Vicenza prima di tornare a Bergamo. E se per caso chiedete a Mino Favini un giudizio su Padoin,come risposta avrete solo elogi su elogi ma non ditelo all’umile Padoin altrimenti si arrabbia. È stato un allievo modello della vivace scuola atalantina. Dall’impegno scolastico (si è diplomato con 98/100 al liceo scientifico con una passione per la filosofia e per l’inglese) alla sua positiva presenza nel gruppo: sono tanti gli aspetti positivi che lo contraddistinguono. Sarà anche per questo che i suoi compagni lo adorano e lo rispettano. Ancora una volta va dato il giusto merito a Marotta e Paratici che hanno scelto l’uomo giusto per una rosa importante. Se oggi la Juve può ambire a grandi traguardi, lo deve anche a calciatori come Padoin. Il top player da solo non vince.