L’immigrazione è un banco di prova importante e delicato per diversi governi europei. Basti pensare a quanto accaduto in Olanda, dove il governo è caduto per la disputa sulla politica di asilo e quindi sulla sua politica migratoria. Il partito conservatore VVD di Mark Rutte aveva previsto di limitare l’ammissione dei richiedenti asilo, quindi i figli dei rifugiati di guerra avrebbero dovuto aspettare almeno due anni prima di raggiungere le loro famiglie. Inoltre, era previsto un tetto mensile per i ricongiungimenti familiari dei migranti. Ma per i partner della coalizione si è andati troppo oltre, quindi si è aperta la crisi di governo e in autunno ci saranno nuove elezioni. Il populista di destra Geert Wilders ha già annunciato che metterà l’immigrazione in cima alla sua agenda: «Siamo il partito che può assicurarsi una maggioranza per una riduzione significativa dell’afflusso di richiedenti asilo». Ma anche in altri Paesi europei si sta discutendo di politiche di asilo, del resto l’Unione europea ha annunciato una riforma globale.



Il giornale tedesco Welt ha realizzato allora una piccola panoramica, partendo dall’Austria, dove il numero di richieste di asilo è calato drasticamente e alla fine dell’anno dovrebbe attestarsi a quota 40mila, contro 112.272 dell’anno scorso. Questo calo è dovuto alla linea del partito conservatore al governo ÖVP, che ha raggiunto un accordo con l’India e allo stesso tempo è riuscito a convincere la Serbia a concedere meno liberamente i visti ai cittadini di Paesi terzi. Eppure i conservatori sono incalzati dall’FPÖ, partito nazionalista di destra, che ha un vantaggio medio di otto punti percentuali nei sondaggi, soprattutto grazie alla sua politica migratoria. Quindi, il dibattito si infiamma sui centri di accoglienza sovraffollati, le palestre chiuse e i ritardi nelle scuole dovuti alla scarsa conoscenza della lingua tedesca di molti nuovi arrivati.



FRANCIA, SVEZIA E DANIMARCA SI SPOSTANO A DESTRA

In Francia il tema dell’immigrazione domina il dibattito politico da decenni. I conservatori francesi nel tempo si sono spostati molto a destra sul tema, infatti Les Républicains (LR) si battono da mesi per un inasprimento della legge sull’immigrazione. Come Rassemblement National di Marine Le Pen, chiedono un emendamento costituzionale per poter scavalcare le regole dell’Unione europea. Il governo di Macron sta progettando una nuova legge sull’immigrazione da settembre, ma da allora è stata rinviata più volte, perché il presidente francese non ha la maggioranza in parlamento, proprio per i conservatori. In Svezia il governo di minoranza socialdemocratico è caduto proprio sull’immigrazione. Per anni si è distinto come il Paese con la politica di immigrazione più liberale d’Europa, ma poi ha inasprito la sua politica d’asilo. Eppure, non quanto vorrebbero conservatori e nazionalisti di destra, i quali ora intendono inasprire ulteriormente la linea, soprattutto per quanto riguarda la naturalizzazione e chi potrà richiedere asilo in Svezia in futuro.



Discorso diverso in Danimarca, dove la questione migratoria difficilmente avrà un peso nelle elezioni di novembre, ma solo perché è stata già adottata una linea rigorosa in materia di integrazione e migrazione. Questo ha permesso ai socialdemocratici di sottrarre voti ai nazionalisti di destra. Dunque, la sinistra va avanti perché ha una politica migratoria di destra. Infatti, il governo di Frederiksen ha fissato l’obiettivo di “migrazione zero” e negli ultimi anni ha introdotto alcune misure controverse. Come ricordato da Welt, vuole addirittura combattere le società parallele che sono cresciute come risultato di decenni di politiche migratorie sbagliate e di reinsediamenti forzati.

DALLA POLONIA ALL’UNGHERIA

In Polonia c’è il partito nazional-conservatore al governo, Diritto e Giustizia (PiS), che ha la reputazione di avere una politica migratoria molto dura, infatti viene criticato regolarmente dalle organizzazioni per i diritti umani, come quando ha respinto persone provenienti dal Medio Oriente o dall’Africa al confine con la Bielorussia, ma anche per aver costruito un muro alto un metro. Eppure, come evidenziato da Weltper l’opposizione la politica migratoria del PiS è addirittura troppo permissiva. Ma sono stati accolti molti rifugiati ucraini, la Polonia ne ha addirittura il maggior numero in Europa, inoltre sta reclutando molti lavoratori in Asia. Eppure, alla pari dell’Ungheria rifiuta l’ipotesi della redistribuzione europea dei migranti. In Polonia e in Ungheria le politiche migratorie riflettono l’umore della popolazione, spaventata dalle immagini di rivolte, come quelle avvenute in Francia, o dagli attentati, come quelli sui treni regionali tedeschi. Non caso il capo del governo ungherese Viktor Orbán e il PiS polacco dichiarano che non permetteranno queste «condizioni tedesche o francesi».

REBUS IMMIGRAZIONE IN GRAN BRETAGNA

C’è poi la Gran Bretagna, che sperava di risolvere la questione uscendo dall’Ue. Invece, ha raggiunto un livello di immigrazione più alto che mai (606mila immigrati), pur avendo una carenza preoccupante di lavoratori essenziali nei settori principali. Ma il governo di Rishi Sunak si concentra sulla lotta all’immigrazione clandestina tramite la Manica, mentre è alle prese con i tumulti nel suo partito per la Legge sull’immigrazione illegale, che propone di deportare tutti i migranti che usano tale rotta verso il Paese dell’Africa orientale, il Ruanda, e di negare loro il diritto al ritorno. I Tory insistono sulla necessità di questa legge, invece i conservatori moderati che ruotano attorno all’ex primo ministro Theresa May sono contrari e critici in particolare riguardo la detenzione di bambini e donne incinte e l’uguaglianza di tutti gli immigrati a prescindere dalla loro storia di fuga. Anche se il ministero dell’Interno ha ridotto i tempi di detenzione in risposta alle critiche mosse all’interno del partito, May continua a opporsi alla legge, così come il Partito Laburista.