Come i buddisti combattono il Coronavirus? Un articolo molto interessante comparso su The Conversation riporta che il Dalai Lama e le organizzazioni in Asia e nel resto del mondo hanno posto l’accento in particolar modo sul fatto che questa pandemia sia un’occasione per meditazione, compassione, generosità e gratitudine. Messaggi che rafforzerebbero la convinzione che il buddismo sia più una filosofia che una religione, una pratica secolare che si associa in particolar modo con consapevolezza, felicità e riduzione dello stress. Tuttavia il buddismo ha una serie di rituali sanificatori che vanno oltre la semplice meditazione, e infatti per tantissime persone nel mondo questa religione è una credenza che include “una forte fede in poteri sovrannaturali”. Il buddismo, si legge nell’articolo da parte di Pierce Salguero che lo ha studiato per anni, è una tradizione altamente diversificata che è riuscita ad adattarsi a molti contesti culturali e sociali.



Nella maggior parte delle zone del mondo, la risposta ufficiale del buddismo al Coronavirus risiede nei metodi “tradizionali” come l’utilizzo delle mascherine, il costante lavaggio delle mani e gli ordini di rimanere in casa. nelle comunità religiose però si utilizzano anche rituali che potremmo considerare di “protezione magica” contro la malattia. Un esempio? In Thailandia i templi Theravada distribuiscono un talismano chiamato yant, sui quali sono raffigurati spiriti e simboli buddisti. Si tratta di pezzi di carta arancione benedetti, che tra i buddisti del SudEst Asiatico sono un oggetto rituale comune nelle crisi, e le comunità che ne fanno uso vedono le crisi come un segno del fatto che le forze demoniache si stiano sollevando. Questi oggetti, si legge nell’articolo, sono stati specificamente formulati con l’intento di proteggere le persone dal contagio del Coronavirus.



COME I BUDDISTI COMBATTONO IL CORONAVIRUS

Nelle zone Mahayana si utilizzano oggetti sacri abbastanza simili, ma la protezione viene cercata anche attraverso la preghiera a una serie di budda e bodhisattvas, questi ultimi una classe di esseri illuminati. In Giappone le organizzazioni buddiste conducono riti di espulsione chiedendo alle divinità di aiutare a eliminare la diffusione del Covid-19. I Mahayana credono che le benedizioni elargite dalle divinità si possano trasmettere attraverso statue o immagini. Per questo un prete affiliato con il tempio Todaiji di Nara (Giappone) ha twittato un’immagine del Vairocana dicendo che quella fotografia avrebbe protetto chiunque la guardasse. Abbiamo poi il Vajrayana, la terza maggiore forma del buddismo: si è sviluppato nel periodo medievale ed è di grande influenza in Tibet. Il Dalai Lama stesso ha suggerito ai praticanti del Tibet e della Cina di cantare dei mantra alla Bodhisattva Tara – una dea associata alla compassione e alla salute – per guadagnare la sua protezione.



La tesi dell’articolo è che questi rituali vadano affrontati con grande serietà, perché la tradizione e la storia ne sono davvero ricche; in molte tradizioni del buddismo infatti sono presi molto sul serio e i ricercatori e gli studiosi sono d’accordo sul fatto che la fede giochi un ruolo chiave nel promuovere la salute. Oggi non ci sono cure certe per prevenire il Coronavirus (se non quella ovvia di rimanere a casa), ma per milioni di buddisti nel mondo i talismani, le pregherie e i rituali protettivi forniscono una seria alternativa per combattere l’ansia della pandemia globale, portando conforto e sollievo. L’autore conclude dicendo che, in un periodo difficile nel quale questi due aspetti scarseggiano, non è nulla da screditare.