Chi scrive attivò a metà degli anni ’90 un programma di ricerca di lungo periodo finalizzato a sostituire sia il welfare redistributivo nel modello europeo, sia l’insufficienza di garanzie in quello statunitense. Semplificando, l’idea si basava sul fatto che le democrazie non possono permettersi il “lusso” di troppa povertà perché i poveri votano e sull’evidenza, in quegli anni, di una tendenza verso la regressione della ricchezza di massa sia nell’ambiente europeo, sia in quello americano nonostante la diversità dei modelli.
Lo scrivente discusse del tema con Giulio Tremonti ed Edward Luttwak nel settembre 1994 in occasione di un evento sul Lago di Como. Sui tovaglioli di carta di un albergo tre diverse sensibilità analitiche disegnarono il medesimo trend: impoverimento delle democrazie. Tremonti volle dare come titolo di un libro a tre mani “Il fantasma della povertà” (Mondadori, 1995). I dati odierni mostrano che negli ultimi decenni quel fantasma si è fatto realtà: mentre agli inizi degli anni ’90 nel mondo delle democrazie evolute era osservabile una proporzione di circa il 70% di ricchi (cioè con almeno un minimo potere di risparmio) e il 30% di meno abbienti (salari o sussidi di mera sopravvivenza), ma questi con speranza e attivismo per diventare ricchi, ora tale proporzione è circa 50% degli uni e 50% degli altri con erosione della classe media e meno speranza dei poveri di poter diventare ricchi combinata con una loro crescente passività. Nel 2023 lo scenario è in lento peggioramento e fa aumentare la probabilità di una crisi strutturale delle democrazie: la condizione del capitalismo di massa e/o della sua speranza è basica per la stabilità di una democrazia. Pertanto è ora di tirar fuori nuovi modelli.
La linea presa dal gruppo di ricerca euroamericano dello scrivente (Stratematica) dal 1995 in poi ha puntato sull’analisi di prestazione dei “modelli di welfare”, uscendo dalla logica classica della relazione conflittuale tra Stato e mercato per cercare una nuova complementarietà tra i due per lo scopo del capitalismo diffuso. In realtà Stratematica si occupava e si occupa sia sul lato accademico, sia su quello applicativo (scenaristica strategica) di un tema più ampio definibile come riparazione e rilancio del capitalismo democratico e democratizzazione globale.
Questo approccio guardava e guarda con più precisione i fattori di forza e di debolezza delle democrazie e, negli anni, ha permesso di sviluppare una metrica di valutazione da cui emerse che sia l’assenza di garanzie, sia le garanzie mal indirizzate erano e sono fattori di debolezza. Pertanto, nello scenario generale – poi mirato alla sconfitta dei regimi autoritari emergenti – prese centralità l’idea di sostituire i modelli di welfare in atto con uno nuovo: il welfare di investimento con la missione di trasformare i deboli in forti (Futurizzazione, 2003; Il nuovo progresso, Angeli, 2012; Strategia 2028, Angeli, 2017; La riparazione del capitalismo democratico, Rubbettino, 2021).
Il welfare di investimento si basa sull’idea semplice di fornire un “potere cognitivo” (non semplice istruzione) che metta gli individui in grado di ottenere l’autonomia economica attraverso maggiori mobilità intellettuale e geografica, rendendoli meno dipendenti da assistenzialismi. Cioè investire sulla qualificazione dell’individuo nella sua vita giovane e in quella successiva per renderlo forte. Tale idea semplice si basava sull’osservazione che la capacità cognitiva è un predittore significativo della posizione economica di un individuo. Il requisito del potere cognitivo diffuso ha portato a vedere il denaro fiscale come l’investitore privilegiato in quanto il mercato non può sostenere questo tipo di investimento.
Quanto investimento? Tanto da modificare i capitoli di spesa di un bilancio statale entro il vincolo di efficienza economica di minimizzare le tasse. Ciò rende necessariamente graduale e lenta la transizione dal welfare redistributivo di tipo europeo o dall’insufficienza di garanzie economiche dirette del tipo americano (l’efficienza dinamica del libero mercato negli Stati Uniti è una forma di garanzia economica indiretta per l’occupazione, ma non per il reddito) perché una politica di rapido abbandono dell’assistenzialismo nelle democrazie sarebbe sconfitta elettoralmente in quanto la massa di popolazione dipendente dall’accesso alla ricchezza – in realtà mera sussistenza – per diritto è rilevante nelle democrazie. Poi i denari che servono al potenziamento dell’individuo richiedono una riduzione drastica dei costi dell’apparato pubblico, requisito che impone gradualità.
Tuttavia, la super-qualificazione dell’individuo può essere avviata sperimentalmente dove potrebbe essere meno ostacolata e sostenuta dalle nuove tecnologie di cibernetica tutoriale. Ma veramente la riparazione del capitalismo democratico richiede una pedagogia? La riparazione sarà economica e geopolitica, ma dovrà essere condotta da individui mediamente mille volte più qualificati di quelli ora esistenti in modelli dove la libertà più competente avrà una relazione reciprocamente amplificante con la tecnica ed il capitale.
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