Shellacquisti di petrolio dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni dell’Occidente, ma in realtà non le ha mai sospese davvero. Anzi, ha ideato uno stratagemma, semplice ma efficace, per aggirare le sanzioni. Lo rivela Javier Blas sulle colonne di Bloomberg, spiegando che Shell lo trasforma in “miscela lettone”. La più grande compagnia petrolifera europea sostanzialmente commercializza un barile in cui solo il 49,99% proviene dalla Russia, la parte restante arriva da altri Paesi. Di conseguenza, il carico di petrolio non è tecnicamente di origine russa.
Questa manovra è alla base di un fiorente, ma opaco, mercato di miscele di diesel russo e altri prodotti petroliferi raffinati, uno dei tanti che si stanno usando per mantenere il flusso di energia russa in Europa e al tempo stesso soddisfare l’opinione pubblica che chiede di non finanziare la macchina da guerra di Vladimir Putin. Lo stratagemma è possibile perché l’Europa non ha fissato un limite o sanzione all’acquisto di petrolio, gas o carbone russo; quindi, la vendita della nuova miscela è legale. Se Shell e le altre compagnie petrolifere seguissero alla lettera le regole europee, potrebbero quindi acquistare carichi di origine russa al 100%.
LA “SCAPPATOIA” LEGALE DI SHELL
Le miscele rappresentano per Shell e le compagnie petrolifere la soluzione per aggirare gli ostacoli posti dalle sanzioni. Nel caso di Shell, la multinazionale ha modificato i termini e le condizioni generali dei suoi contratti per consentire la miscelazione russa. “È una condizione di questa offerta e sarà una condizione di qualsiasi contratto risultante che le merci vendute e consegnate dal venditore non siano di origine della Federazione Russa (‘RF’) e non siano state caricate o trasportate dalla RF. Le merci saranno considerate di ‘origine RF’ se prodotte in RF o se il 50% o più del loro contenuto (in volume) consiste di materiale che è stato prodotto in RF”, è il passaggio contrattuale rivelato da Bloomberg. Per quanto riguarda la miscela lettone, il ‘viaggio’ comincia a Primorsk, città russa che esporta il petrolio a Ventspils, un porto in Lettonia che ha un grande terminale petrolifero e capacità di stoccaggio. Lì avviene la “magia”. Ma la miscelazione avviene anche altrove, nei Paesi Bassi e in alto mare.
IL CASO SHELL E LE ECCEZIONI
Non mancano i precedenti. Bloomberg cita le sanzioni al greggio iraniano e venezuelano, aggirate con la miscela malese o miscela di Singapore. Ma non mancano neppure le eccezioni. Se Shell ha deciso di accettare spedizioni con diesel russo fino al 49,99%, la compagnia francese TotalEnergies SE ha deciso che nessun carico, in tutto o in parte, deve provenire dalla Russia. La compagnia ha pure aggiornato le condizioni generali per metterlo nero su bianco. Lo stesso ha fatto la spagnola Repsol SA. Ma queste scappatoie dimostrano che le sanzioni alla fine sono difficili da attuale. Il risultato è che la Russia continua a vendere i suoi combustibili soldi e a fare soldi. L’Europa dal canto suo beneficia di forniture di diesel e di prezzi energetici più bassi. La questione morale è un’altra cosa.