In queste ore successive al ritorno in Italia di Silvia Romano, molti si chiedono che concretezza abbia la sua conversione all’Islam. Si parla di sindrome di Stoccolma, quella per la quale chi viene rapito da qualcuno finisce addirittura per innamorarsi del rapitore o comunque a difenderlo, o di conversione forzata. Lei ha parlato di conversione spontanea e personale senza nessun obbligo. Certo che una persona che viene detenuta in prigionia per quasi due anni da persone armate per impedirle la fuga, ci si chiede quanta libertà possa aver avuto se non accettare le regole dei suoi rapitori. Dice anche di aver preso quasi per caso in mano il Corano e con le poche parole arabe imparate averlo letto, sicuramente per la noia totale di quel lungo periodo in isolamento qualcosa avrà avuto voglia di fare e non è che avesse a disposizione altro che un Corano. Ma vedremo cosa dirà, se avrà voglia di parlarne ancora. E’ interessante però vedere che la conversione all’Islam non sia esattamente una cosa che decidi una mattina svegliandoti, ma richieda una serietà e un impegno precisi, anche queste cose ci si domanda come in prigionia possano accadere.
Secondo quanto precisano diversi siti islamici italiani, per convertirsi all’Islam bisogna prima averne una profonda conoscenza, studiarlo a lungo. Le basi: Maometto è stato l’ultimo profeta sulla Terra di Dio, Allah, “parola islamica che indica Dio, si riferisce alla stessa divinità adorata dai cristiani e dagli ebrei (alias il Dio Abramitico). Dunque, i musulmani riveriscono i profeti del Cristianesimo e dell’Ebraismo (inclusi Gesù, Mosè, Elia, ecc.) e considerano la Bibbia e la Torah dei testi sacri divinamente ispirati, seppur corrotti”. L’Islam poi accetta chiunque venga da altre religioni: anche Gesù è considerato musulmano benché abbia vissuto secoli prima di Maometto. Prima di convertirsi bisogna studiare attentamente sia il Corano che l’Hadith, il libro che contiene i detti e gli aneddoti di Maometto. L’Hadith ha dato vita a gran parte delle leggi islamiche (famosa è la disputa sulla svaria, la pena di morte e le punizioni corporali, che secondo alcuni Maometto non avrebbe mai pronunciato ma che è praticata in quasi tutti i paesi islamici).
E’ quindi obbligatorio parlare con un imam, che rappresenta un po’ il ruolo del sacerdote nella Chiesa cristiana. Benché sembri che Silvia Romano sia stata nascosta in alcuni villaggi e non nel deserto o nella foresta, ci si chiede dove abbia potuto incontrare, in prigionia, un imam. Infine per diventare un membro legale della comunità musulmana devono esserci dei testimoni durante la recitazione del versetto di consacrazione: “La ilah illa Allah, Muhammad rasoolu Allah“, che si traducono con “Testimonio che non c’è divinità se non Dio e testimonio che Maometto è il suo Messaggero (profeta)”. Pronunciando la shahada, diventi un musulmano”. Certo, i suoi rapitori erano musulmani e avranno fatto presenza di testimoni, ma con i mitra in mano?
C’è poi la parte più contestata, il ruolo sottomesso della donna, che è un precetto: “Evita le interazioni non indispensabili con il sesso opposto. Anche una chiacchierata apparentemente innocente può portare all’intimità. Ricorda che tutte le forme di attività sessuali al di fuori del matrimonio sono proibite dall’Islam. Le donne sposate devono astenersi dal sesso durante il ciclo mestruale. Rispetta il codice di abbigliamento dell’Islam ispirato alla modestia”. E ancora: “Se sei una donna, devi coprire tutto il tuo corpo, fatta eccezione per mani, piedi e viso. Non devi indossare vestiti che rivelano troppa pelle o trasparenti. In quanto donna, puoi indossare lo Hijab, il velo islamico, per coprire i capelli e il collo, se vuoi”. Naturalmente ci sono le esagerazioni del fondamentalismo: la copertura totale del corpo e del viso, la pena di morte se una donna parla con un uomo che non sia membro della sua famiglia, la mancanza dei diritti più elementari. In Arabia Saudita ad esempio è stato concesso alle donne di prendere la patente di guida solo un paio di anni fa. Ci si domanda come una ragazza italiana, cresciuta nella libertà più totale, vicina, sembra, a organizzazioni di sinistra, possa rinunciare a tutto questo per vivere da sottomessa.
Colpisce, nelle guide che si trovano su siti italiani, la serietà che viene chiesta a chi vuole convertirsi: “Non affrettarti per vivere come un musulmano. Devi avere una solida comprensione delle leggi che rendono una persona degna di essere musulmana prima di unirti all’Islamismo. Benché ci sia molto da imparare, queste leggi dovrebbero essere naturali per te, perché l’Islam è la religione dello “stato naturale”. In prigionia sotto sorveglianza armata è possibile fare questo libero percorso? Bisognerebbe intanto sapere se la ragazza è stata davvero prigioniera di gruppi fondamentalisti vicini a al Qaeda, cioè criminali assassini di bambini e donne, criminali comuni. In fondo anche Fabrizio De André e la moglie quando furono rapiti da criminali comuni si affezionarono a loro, tanto da comporre addirittura un disco in difesa dei sardi poveri. Resta però l’impressione di uno spot pro Islam, quello che usa la forza: il messaggio che sottomettere all’Islam con la spada gli infedeli funziona.