Ieri il vicepresidente di Commerzbank ha dichiarato che la banca non vuole un’acquisizione di Unicredit. Per il ministro delle Finanze tedesco Lindner le mosse di Unicredit hanno turbato gli azionisti di Commerzbank e per questo il Governo non venderà altre azioni. Il giorno prima, il Cancelliere Scholz dichiarava che il tentativo di Unicredit di comprare quote della banca tedesca senza consultazione fosse “un atto ostile” e “non appropriato in Europa e in Germania”.
Di fronte a queste dichiarazioni ci si aspetterebbero lunghe analisi sul fallimento della mossa di Unicredit; si discuterebbe di un fatto compiuto che ha avuto inizio settimana scorsa e che si è chiuso, per tutti, con il “no” di Berlino. Il settore bancario è iper regolamentato e non è separabile, se non in linea teorica, dai Governi. Invece la saga continua e finora Unicredit non ha dato alcun segnale di rassegnazione. Anzi, la quota detenuta nella banca tedesca aumenta e la banca italiana chiede alla Bce l’autorizzazione a salire appena sotto la soglia d’Opa.
Per il portavoce della Commissione europea, “banche globali più grandi e diversificate andrebbero a vantaggio dell’economia europea”. A due settimane dalla presentazione del Rapporto Draghi queste dichiarazioni non sono sorprendenti. In quel rapporto la maggiore integrazione dei mercati dei capitali dell’unione era giudicata uno dei pilastri del rilancio dell’economia europea. Anche il ministro degli Esteri Tajani è intervenuto a supporto della banca italiana ribadendo che non ci possono essere doppi standard e che anche le imprese italiane hanno il diritto di fare acquisizioni.
Tutta la cronaca di questi giorni si svolge e prosegue come non ci si aspetterebbe. Immaginiamo per un attimo di essere nel 2019 con Angela Merkel ancora Cancelliere e chiediamoci se questo tentativo di Unicredit sarebbe potuto in qualche sopravvivere all’opposizione del “Governo tedesco”. I dati economici tedeschi oggi sono preoccupanti perché l’industria patisce la mancanza di gas russo. Questa debolezza è, paradossalmente, la premessa di quello che sta accadendo. Anche la politica è debole perché la coalizione che supporta Scholz è uscita molto male anche dalle ultime elezioni in Brandeburgo. I verdi hanno dimezzato i voti e non hanno portato a casa nemmeno un seggio. Scholz è alla guida di un Paese che ha perso la strada della crescita e di una coalizione che non è più maggioranza e che include partiti in caduta libera
Fuori dalla Germania c’è il “Rapporto Draghi”, il consolidamento come risposta ai problemi europei e, innanzitutto, a quelli di chi è più è stato colpito dalle evoluzioni degli ultimi anni. In questa dialettica si gioca l’anomala sopravvivenza di un tentativo, quello di Unicredit, che in altre circostanze sarebbe già stato archiviato data l’opposizione tedesca. È un azzardo come è un azzardo il Rapporto Draghi che chiede un’accelerazione in un contesto anche politico impreparato. La novità di questi giorni è che l’opposizione tedesca non è più sufficiente; in qualche modo si pensa che possa essere superata. Si forza la situazione, forse, esattamente come si forza in Europa.
Non è noto cosa possa produrre questa forzatura, perché l’eventuale sconfitta tedesca in questa partita non aiuta Scholz, ma in compenso aiuta molto l’opposizione.
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