LA “FATWA” DEL COMMISSARIO UE SCHMIT CONTRO LA DESTRA IN EUROPA: “NEGAZIONISTI DEL CLIMA”
In origine era stato il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans a scagliare il suo “j’accuse” contro chi osava mettere in dubbio le tesi del cambiamento climatico: ora però, con l’emergenza ambientale che si è palesata in questa estate 2023 – tra uragani e caldo torrido – è sempre da Bruxelles che viene lanciata una ulteriore “fatwa” contro i detrattori del Green Deal Ue e della battaglia contro il surriscaldamento globale.
«L’estrema destra nega il cambiamento climatico e combatte le politiche del Green Deal in un momento in cui l’Europa e il mondo sono in fiamme e le risorse idriche stanno diminuendo: le sue politiche porterebbero ancora una volta a dei cataclismi, è necessario fermarla, come in Spagna»: così attacca in un tweet il commissario Ue al Lavoro Nicolas Schmit, membro dei socialisti europei e impegnato ad un anno dalle Elezioni Europee a “disinnescare” le potenziali alleanze europee tra conservatori, popolari e destre. Solo qualche mese fa, con Timmermans era stato ancora Schmit nella Commissione Ue a lanciare la sua personale polemica contro la destra Ue e in particolare i “detrattori” della nuova “religione” ecologica: «i negazionisti dei cambiamenti climatici mi ricordano l’Inquisizione con Galileo, quando cercava di convincerlo con le minacce che la Terra fosse piatta e il Sole le girasse attorno. Vogliono far credere che nulla sia vero, sono contro la scienza e contro i dati».
BASTA ESSERE CONTRO IL GREEN DEAL PER DIVENTARE NEGAZIONISTI: REATO DI OPINIONE ALL’ORIZZONTE
Occorre una doverosa precisazione: qui il tema non è fare da contraltare agli esponenti Ue che appoggiano il Green Deal di Timmermans e Von der Leyen e quindi trasformarsi negli effettivi negazionisti di qualsivoglia problematica dell’ambiente: la questione è se realmente chi prova, anche all’interno della scienza da anni, a mettere in dubbio il granitico e monolitico “cambiamento climatico” possa essere bollato come un mero “negazionista” ritornando così ai tempi della contrapposizione ideologica sulla pandemia Covid. Se inoltre viene aggiunta alla contestazione sul clima la battaglia politica in vista delle Elezioni Europee, ecco che il “sospetto” di un pretesto per una mera campagna elettorale sovviene: lo confermano le parole lo scorso 20 luglio della ministra della Transizione ecologica spagnola, intervistata da LaPresse per commentare il voto in Spagna.
«La Spagna è ora l’argine al negazionismo climatico in Europa. Se cade nelle mani della destra, il rischio è enorme per l’Ue», attacca Teresa Ribera, candidata alla rielezione con il Psoe. La linea è la medesima degli altri esponenti socialisti in Ue, Schmit e Timmermans. «Molti colleghi del Consiglio dell’Ue mi hanno detto di essere molto preoccupati per l’alleanza tra la destra e l’estrema destra in Spagna e per le ripercussioni che ciò avrebbe sul Green deal. L’Europa sta trattenendo il fiato in vista delle elezioni spagnole di domenica prossima: sanno che è in gioco l’agenda verde», conclude Ribeira. Ed eccoci di nuovo qui: basta essere contro il pacchetto ultra-ambientalista del Green Deal – profondamente criticato dal Centrodestra in Europa (auto green, case green, territorio per ripristino della natura e lotta contro gas e petrolio) – per essere tacciati di negazionismo climatico. Quasi come in epoca Covid bastava contestare l’impianto giuridico di un Green Pass per essere bollato come negazionista di una malattia che ha fatto milioni di vittime. È il ricatto ideologico ad essere pericoloso, forse ancora di più del negazionismo stesso: ed è per questo che mettere sul tavolo, come hanno fatto i Verdi con Angelo Bonelli, la proposta di legge sul reato di negazionismo climatico fa sorgere il sinistro presentimento di un ritorno del reato di opinione. Se fosse realmente legge ad oggi, ad esempio, verrebbe condannato il premio Nobel 2022 della Fisica, John Clauser, per le sue posizioni critiche sulle teorie “green”. Condanna no, ma censurato da una conferenza stampa del FMI questo è già realtà (purtroppo): la decisione è stata presa dal direttore del Fondo, Pablo Moreno, e la giustificazione sta proprio nel fatto che Clauser avrebbe voluto contestare «alcuni dogmi in materia di emergenza climatica».