La Commissione dell’Onu sullo status delle donne (CSW), che documenta la vita delle donne in tutto il mondo definendo quali sono gli standard relativi all’uguaglianza dei diritti e l’emancipazione, verrà guidata dall’Arabia Saudita con l’ambasciatore Abdulaziz Alwasil come presidente. La decisione è stata presa nelle scorse ore con l’approvazione dei 45 Paesi membri, ma non senza accese polemiche. 



L’Arabia Saudita infatti non è certamente un esempio in campo di rispetto delle donne. I loro diritti vengono purtroppo quotidianamente violati. È obbligatorio, ad esempio, che sia chiesto il permesso al marito o al padre per compiere gesti che in Occidente sono normali, come uscire di casa per recarsi in determinati luoghi. Non è stato però sufficiente questo per impedire ai Paesi membri di approvare questa decisione che appare piuttosto bizzarra nel contesto attuale. Una situazione simile, tra l’altro, era già accaduta lo scorso anno quando il Forum Sociale 2023 del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite era stato affidato all’Iran.



Commissione Onu sui diritti delle donne sarà guidata da Arabia Saudita: la presa di posizione di Amnesty

A commentare la decisione dell’Onu di affidare la Commissione sullo status delle donne (CSW) all’Arabia Saudita ha generato diverse reazione. Tra queste c’è quella di Amnesty International. “È terribile e va completamente contro le aspirazioni dell’organismo”, ha commentato. Inoltre, gli esponenti dell’associazione hanno citato, tra i tanti, il caso di Salma al-Shehab, dottoranda all’Università di Leeds, in Inghilterra, che dopo essere tornata in patria è stata arrestata per avere pubblicato alcuni tweet a sostegno delle attiviste. 



L’Arabia Saudita tuttavia non ci sta alle accuse e ha replicato ricordando che di recente ha revocato il divieto per le donne di guidare e di partecipare a eventi pubblici in cui ci sono anche uomini. È sufficiente a renderlo un Paese rappresentante dell’uguaglianza dei diritti?