Dal 2019 in Polonia ci sono cinque regioni e oltre 190 comuni che hanno adottato risoluzioni sulla creazione di “zone libere dall’ideologia LGBT“, ispirandosi agli adesivi “zona libera da LGBT” diffusi con il quotidiano di destra Gazeta Polska. Ora nessuno di questi territori polacchi potrà beneficiare dei fondi europei, perché la Commissione europea lo vieta. Lo ha annunciato l’eurodeputato francese Pierre Karleskind. Una decisione che ha già avuto un impatto concreto perché, stando a quanto riportato da Euractiv, quattro di queste regioni hanno revocato le risoluzioni “incriminate”, mentre la quinta ha deciso di modificarle.



«È confermato! Neanche un euro dell’UE andrà alle “zone libere da LGBT” in Polonia. La Commissione europea mi ha confermato in una lettera che darà esecuzione ai suoi avvertimenti: niente fondi senza rispettare i valori», ha twittato l’eurodeputato di Renew Europe. Infatti, in risposta ad una sua interrogazione, i commissari Elisa Ferreira e Nicholas Schmidt gli hanno inviato una lettera in cui sottolineano che i principi di uguaglianza e non discriminazione sono ribaditi nei regolamenti dell’UE relativi alla politica di coesione.



“NO FONDI UE A CHI NON RISPETTA LE DISPOSIZIONI ANTIDISCRIMINATORIE”

La Polonia era già finita nel mirino della Commissione Ue, che aveva avviato una procedura d’infrazione perché il Paese non ha risposto in maniera appropriata all’indagine sulla natura e sull’impatto di queste “zone libere dall’ideologia LGBT“. Dopo la replica della Polonia, la Commissione europea ha chiuso la procedura a gennaio. I commissari, oltre a confermare che la Commissione Ue continuerà a monitorare la questione, hanno riferito che la Polonia ha accettato di introdurre una clausola ad hoc di anti-discriminazione nel suo accordo con l’Ue che riguarda i programmi del periodo di finanziamento che va dal 2021 al 2027.



Tale clausola – che riguarda comuni, contee e regioni – stabilisce che il sostegno della politica di coesione sarà fornito solo ai progetti e ai beneficiari che rispettano le disposizioni antidiscriminatorie del diritto europeo. Tali regole, come precisato dai commissari europei che hanno replicato all’eurodeputato Karleskind, richiedono che gli Stati membri dell’Ue stabiliscano disposizioni e procedure necessarie per garantire il rispetto della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea. Stando a quanto riportato da Atlas of Hate, ora sempre più comuni stanno revocando le loro risoluzioni, d’altra parte molte restano in vigore in molti altri comuni.