Dopo la recente presentazione del report di Mario Draghi sul futuro della competitività nel Vecchio Continente, l’Europa si trova a un bivio cruciale probabilmente non più rinviabile: da un lato infatti affronta la crescente competizione globale, con Usa e Cina che avanzano rapidamente in settori tecnologici chiave. Dall’altro però, l’Unione Europea (e con essa ogni singolo Stato membro) è come se restasse continuamente intrappolata in una struttura industriale statica, appesantita dalle regolamentazioni stringenti che spesso ostacolano l’innovazione. È così che il ridenominato “Rapporto Draghi” mette in luce tutte queste sfide, sottolineando la stretta necessità di un cambiamento radicale nell’approccio Ue tanto verso l’innovazione quanto sulla regolamentazione.



In tale contesto, l’adozione di un “nuovo” approccio, che superi il principio di precauzione, potrebbe offrire una soluzione pragmatica in grado di risolvere parte consistente degli annosi problemi economici e industriali dell’Europa. Provare infatti a cambiare prospettiva – evitando “divieti” preventivi ingenti – può davvero essere la chiave di volta per il “rebus” tutto europeo. Risulta perciò interessante esplorare quei settori industriali – come l’automotive, l’alimentare, il mercato emergente dei prodotti tecnologici per il consumo di nicotina alternativi al fumo – che già oggi stanno cercando di applicare il principio della “riduzione del danno”, producendo maggiori vantaggi per gli individui, l’economia, le imprese, insomma verso la società nel suo complesso.



Innovazione e principio di precauzione: un piano per non frenare la competitività in Ue

Sempre partendo dal recente “Rapporto Draghi”, l’Europa quanto prima deve colmare il divario di innovazione con Stati Uniti e la Cina di Xi, provando davvero a rilanciare la propria competitività economica, industriale e produttiva. Attualmente, le aziende europee investono circa la metà nel campo R&I, ovvero in ricerca e innovazione, rispetto agli “avversari” americani e cinesi, con un deficit di circa 270 miliardi di euro registrato nel 2021. Gli studi di questi anni dimostrano come tale carenza sia attribuibile ad una struttura industriale pressoché “statica”, in cui poche nuove imprese (per non parlare delle start up, ndr) emergono per disturbare i settori esistenti o semplicemente sviluppare nuovi motori di crescita.



La lentezza nell’adozione e nel successivo commercio delle innovazioni tecnologiche è aggravata da un ambiente regolatorio restrittivo più volte denunciato ma mai risolto dagli organi europei. Guardando al 2024, oltre il 60% delle aziende europee vede la regolamentazione come un ostacolo all’investimento, con il 55% delle piccole e medie imprese che segnala veri e propri ostacoli regolatori, per non parlare degli oneri amministrativi considerati come la sfida più grande. Il principio di precauzione, principalmente dominante nel Vecchio Continente da decenni ormai, pur avendo l’obiettivo di proteggere i cittadini e l’ambiente da potenziali rischi, può talvolta (o spesso?, ndr) tradursi in un freno all’innovazione. Questo approccio prevede infatti la regolamentazione preventiva di pratiche commerciali per evitare rischi futuri, spesso senza però una valutazione completa dei costi e dei benefici. Nel Rapporto presentato dall’ex Premier Draghi lo scorso settembre a Bruxelles (commissionatogli direttamente dalla Presidente della Commissione Ue Von der Leyen) si evidenzia come molte leggi dell’UE adottino tale approccio “preventivo” con il rischio di soffocare l’innovazione e la crescita. Questa tendenza è particolarmente evidente nei settori ad alta tecnologia, dove l’innovazione rapida è essenziale per la competitività globale.

La possibile “svolta” con la riduzione del danno: un approccio pragmatico

Passare dal principio di precauzione a quello di riduzione del danno significa però adottare un approccio più equilibrato, che riconosce i benefici potenziali dell’innovazione pur gestendo i rischi associati. Questo approccio, va ricordato, è già applicato con successo in diversi settori industriali e può rappresentare anche per altri futuri un’opportunità concreta di gestire in maniera più pragmatica, nonché più funzionale, lo sviluppo dell’economia reale.

Nel caso dei nuovi prodotti del tabacco e della nicotina, adottare il “nuovo” principio di riduzione effettiva del danno, a discapito degli “ingessati” sistemi di regolamentazione preventiva, non va sottovalutato un aspetto essenziale: occorre infatti dover affrontare le critiche che vedono in questa strategia una mera tattica di marketing per attirare nuovi consumatori. È così che uno studio dell’Istituto Mario Negri di Bergamo sottolinea come l’industria del tabacco possa utilizzare questi nuovi prodotti per avvicinare i giovani alla dipendenza da nicotina. Tradotto in parole povere, un approccio di riduzione del danno efficace non può prescindere da una regolamentazione equilibrata che promuova le alternative meno dannose senza incentivare al contempo l’iniziazione al consumo di tabacco.

Come già premesso, anche il settore automobilistico come quello del tabacco sta affrontando la sfida ambientale dell’Europa che verrà attraverso l’innovazione tecnologica, senza però eliminare completamente l’uso dei veicoli. Le principali iniziative includono lo sviluppo di veicoli elettrici e ibridi, il miglioramento dell’efficienza dei motori a combustione e i nuovi implementati sistemi di sicurezza avanzati. Tali innovazioni mirano a ridurre le emissioni di gas serra e l’inquinamento atmosferico, contribuendo agli obiettivi climatici (posti dalla stessa Ue assieme all’ONU) senza però compromettere la mobilità che ancora resta fondamentale per l’economia reale degli individui europei ogni giorno. Molte case automobilistiche in Europa stanno infatti investendo massicciamente in queste tecnologie, posizionandosi come leader nella transizione verso una mobilità sostenibile, registrando però un rallentamento necessario in quanto la mobilità reale delle persone non può e non deve essere messa in secondo piano.

Considerando invece il settore alimentare, le aziende stanno riformulando i propri prodotti per ridurre l’impatto negativo sulla salute, senza eliminarli dal mercato in maniera definitiva come invece veniva “richiesto” da un approccio di “precauzione” inizialmente dominante in Europa. Iniziative in tal senso come la riduzione del contenuto di zuccheri, grassi e sale, o anche l’introduzione di porzioni più piccole e l’etichettatura nutrizionale trasparente, permettono ai consumatori di fare scelte più consapevoli. Questo approccio risponde così alle crescenti preoccupazioni dei consumatori riguardo a diete sbilanciate e malattie correlate all’alimentazione, come obesità e diabete. Inoltre, in ultima analisi, si evitano misure restrittive che potrebbero avere effetti negativi sull’economia e sulla libertà di scelta dei consumatori.

Perché la riduzione del danno porta ulteriori vantaggi? Raccomandazioni per una Nuova Agenda Regolatoria

Non va dimenticato come l’adottare un approccio di riduzione del danno offre diversi vantaggi, ad esempio promuove l’innovazione che sempre nel “Rapporto Draghi” veniva evidenziata come carente purtroppo negli asset europei: le aziende infatti sono incentivate a sviluppare prodotti e tecnologie alternative che riducono gli impatti negativi, stimolando la ricerca e lo sviluppo. Un altro effetto è il bilanciamento delle esigenze economiche e sociali: evita divieti totali che possono avere conseguenze economiche significative, mantenendo al contempo un focus sulla tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Favorisce dunque la Competitività: in poche parole, le imprese possono competere a livello globale con prodotti innovativi, rafforzando la posizione dell’Europa nei mercati internazionali. Infine come ultimo aspetto, la riduzione del danno migliora il benessere Individuale aumentando la qualità della vita senza imporre restrizioni eccessive.

Il “Rapporto Draghi” propone diverse raccomandazioni per ridurre il carico regolatorio sulle imprese e favorirne così tanto l’innovazione quanto la valutazione dell’impatto competitivo: tutte le nuove proposte legislative dovrebbero essere sottoposte a un test di competitività rafforzato, valutando l’impatto cumulativo in termini di costi di conformità e oneri amministrativi. C’è poi da considerare il coinvolgimento degli operatori industriali, in quanto comitati di operatori del settore dovrebbero supportare la Commissione nell’assessment degli atti normativi, garantendo che le regolamentazioni siano praticabili e favorevoli all’innovazione. Infine non meno importante vi è la riduzione degli oneri per le PMI: seguendo le indicazioni del report Draghi, l’UE dovrebbe già da ora attuare pienamente la riduzione annunciata del 25% degli obblighi di reporting e impegnarsi a raggiungere una riduzione fino al 50% per le PMI.

Per rilanciare la propria competitività e colmare il divario di innovazione con Stati Uniti e Cina, l’Europa in ultima analisi dovrebbe al più presto adottare un approccio più pragmatico alla regolamentazione. Passare perciò dal principio di precauzione alla riduzione del danno può liberare le potenzialità innovative delle imprese europee, favorendo la crescita economica e migliorando il benessere dei cittadini.

Gli esempi dei settori del tabacco, dell’automotive e dell’alimentare dimostrano come tale approccio possa essere applicato con successo, bilanciando le esigenze economiche con la tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Come del resto ha evidenziato lo stesso ex Presidente della BCE, è tempo che l’Europa abbracci il cambiamento, creando un ambiente favorevole all’innovazione che possa garantire prosperità per le future generazioni.