Sarà per lo spavento suscitato dall’emergenza energetica, sarà per la possibilità di ridurre i costi delle bollette elettriche, sarà per il valore sociale di un intervento che genera benefici sul territorio, sta di fatto che il modello delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer) suscita sempre più consensi e attenzioni da parte dei soggetti pubblici e privati.



E in effetti le Cer rappresentano davvero un modello innovativo di produzione e consumo di energia elettrica, capace di generare importanti vantaggi a partire da un fattore a cui non sempre viene attribuito un concreto valore economico in ambito energetico: la condivisione.

Di cosa si tratta? Le Comunità energetiche rinnovabili sono appunto delle aggregazioni tra soggetti di vario tipo (cittadini privati, imprese, soggetti pubblici, enti religiosi o del Terzo settore…) che condividono uno o più impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile con l’obiettivo di ottimizzare il consumo dell’energia generata. I soggetti che fanno parte di queste “comunità” possono scambiare o condividere tra loro l’energia con modalità, prezzi e regole da loro stessi definiti. La fonte di produzione più utilizzata in questo ambito è quella fotovoltaica, ma il modello prevede anche impianti eolici, idroelettrici e biomasse.



Il controllo dei flussi di energia e il conteggio dell’elettricità consumata dai singoli partecipanti della Cer è affidato a piattaforme digitali dedicate che possono essere programmate per dare priorità a determinate tipologia di utenze e di consumi. Questi dispositivi registrano in tempo reale i dati di produzione e consumo, i flussi di potenza, gli scambi di energia e il risparmio, informando tramite app ogni singolo aderente.

Le comunità energetiche (introdotte dal Dlgs 199/2021) hanno inoltre beneficiato di un supporto governativo sotto forma di incentivi legati alla quantità di energia prodotta e autoconsumata: un modo per favorirne la costituzione e la diffusione aumentando ulteriormente i benefici economici per i partecipanti.



L’attività di regolamentazione da parte del Governo è proseguita sino al decreto che il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha inviato lo scorso 23 febbraio all’Unione europea e tuttora in attesa del via libera da parte della Commissione competente. Quest’ultima proposta è incentrata su due misure: un incentivo in tariffa e un contributo a fondo perduto, con benefici maggiori per i Comuni sotto i 5mila abitanti.

Ma sarebbe sbagliato pensare alle Cer solo come a un modello destinato agli enti locali. Le comunità energetiche si propongono infatti anche come aggregazioni tra imprese, ad esempio nelle zone industriali. Esiste poi una forma particolare di comunità energetica che è quella tra persone che abitano nello stesso edificio in questo caso l’aggregazione prende il nome di Autoconsumo collettivo.

Comunque, proprio per le sue caratteristiche, le comunità energetiche hanno raccolto un grandissimo interesse da parte delle amministrazioni comunali che in tanti casi sono diventate il soggetto promotore e utilizzandole anche per finalità sociali, ad esempio fornendo energia elettrica a famiglie bisognose oppure enti del Terzo settore.

Così è stato, ad esempio, con una delle primissime comunità energetiche italiane, quella inaugurata da Sorgenia nel febbraio del 2022 a Turano Lodigiano con due impianti fotovoltaici installati sulle coperture del campo sportivo e della palestra per un totale di 45 kWp di potenza e forniture di energia a disposizione di nove utenze comunali, una parrocchia e una ventina di famiglie.

Nello stesso periodo a Napoli nasceva una comunità energetica solidale promossa dalla Fondazione Famiglia di Maria che aveva messo a disposizione i tetti su cui erano stati installati moduli fotovoltaici per una potenza di 55 kWp; l’energia prodotta sarebbe stata destinata a circa 40 famiglie in condizioni di disagio, e residenti nello stesso quartiere periferico di Napoli, San Giovanni a Teduccio.

Un esempio più recente è quello della comunità energetica solidale “Critaro” di San Nicola di Crisso, in provincia di Vibo Valentia. Elemento centrale del progetto è un impianto fotovoltaico da 66,8 kWp installato sul tetto della scuola e allacciato a fine dicembre. L’energia prodotta da fonte solare è destinata innanzitutto ad alimentare le utenze della scuola, mentre la quota non utilizzata viene condivisa dai 20 membri della comunità.

E a proposito di Pa sono davvero tanti gli enti locali che hanno stanziato finanziamenti e varato regolamenti per agevolare lo sviluppo di questi progetti. In prima file le Regioni: solo nell’ultimo anno si sono mosse la Lombardia (con 22 milioni di euro stanziati), la Sicilia (con 5 milioni di euro), il Friuli Venezia Giulia (con 8,5 milioni di euro), mentre regolamenti e leggi sono stati preparati dalle amministrazioni di Toscana, Veneto, Valle D’Aosta, Emilia Romagna, Umbria… tanto per fare alcuni esempi.

L’attività di realizzazione delle Cer vede in campo tanti soggetti, tra cui le utilities spiccano per un particolare dinamismo. Qualche esempio? Sorgenia ha già realizzato 20 comunità energetiche e ne ha in cantiere altrettante nei prossimi mesi. Edison intende sviluppare 200 Cer entro la fine del 2024. Iren ne ha fatto un elemento centrale della propria strategia di sviluppo puntando a 8mila entro il 2030. E.On sta spingendo su un’offerta specializzata dal nome WeSolar. Altrettanto sta facendo Enel con numerose offerte rivolte a privati, imprese e Pubblica amministrazione.

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