Le quarantene? “Non hanno senso quando la popolazione è molto immunizzata e il Covid contagia a grande velocità”. Il Green pass? “Non è una misura sanitaria, ma uno strumento politico per costringere ieri alla vaccinazione e oggi alla boosterizzazione”. La quarta dose? “I dati ci dicono che booster troppo ravvicinati provocano un impigrimento del sistema immunitario”. La vaccinazione pediatrica? “Resto molto perplesso, specie perché questi vaccini sono poco efficaci con la Omicron”. L’endemizzazione? “Possiamo dire che il Sars-Cov-2 non reverte, cioè non torna cattivo, è come se avesse stipulato una tregua con l’uomo”.
Per il virologo Francesco Broccolo, dell’Università Milano Bicocca, il dato certo è che con Omicron “il rapporto tra ospedalizzati e nuovi casi positivi è sceso di più del 50% rispetto alla variante Delta” e ciò può portare ad allentare le restrizioni, “in modo graduale, non di colpo tutte insieme”.
La Francia va verso la revoca del certificato vaccinale e la Gran Bretagna dal 21 febbraio cancella l’isolamento per i positivi. Quarantene e Green pass hanno ancora senso allo stato attuale della pandemia?
Non hanno più senso, perché la quarantena è una misura sanitaria utile quando la popolazione non è protetta e quando i focolai sono ristretti, consentendo così di tenere sotto controllo, di confinare l’infezione quando è ancora al suo stadio iniziale affinché non si allarghi. In una fase esponenziale della pandemia, quando cioè l’incidenza del virus è altissima, e quando una larghissima parte della popolazione è immunizzata non serve a nulla.
L’incidenza è dunque altissima. Quanto?
Omicron ha un R0 pari a 10, ovvero ogni persona può contagiarne altre 10. E’ quindi molto infettivo e ciò rende estremamente complicato il tracciamento.
Veniamo al Green pass.
Non è una misura sanitaria, ma uno strumento politico, la cui giustificazione era spingere alla vaccinazione in un momento in cui la popolazione non era vaccinata. Avendo ormai raggiunto quasi il 90% dell’immunizzazione, mantenere il Green pass significa sostanzialmente costringere alla boosterizzazione in una fase in cui la pandemia è cambiata.
In che senso?
Adesso come si può costringere alla vaccinazione con un vaccino vecchio di due anni e con una variante che ha 50 mutazioni e non risponde più a questo siero? Decade anche la motivazione scientifica del Green pass.
Ma il booster serve, non crede?
Le cito questo dato: nella fascia 12-39 anni gli ultimi tre report dell’Iss osservano che il boosterizzato viene ospedalizzato di più rispetto ai soggetti cui sono state somministrate le due dosi entro i 120 giorni.
Per quali motivi?
Essenzialmente due. La prima: il booster crea un’anergia, una ridotta capacità del sistema immunitario, quando è somministrato a dosi ravvicinate. E ad averle più ravvicinate sono stati proprio i giovani, che hanno iniziato la vaccinazione per ultimi e si sono trovati a fare la terza dose a soli 4 mesi di distanza, perché altrimenti rischiavano di non poter andare a scuola. L’iperstimolazione ravvicinata del sistema immunitario produce dunque un’ipoergia che appunto “impigrisce” il sistema immunitario. Ed è un fenomeno noto in immunologia.
La seconda ragione?
La maggiore ospedalizzazione dei boosterizzati dipende in parte dal fatto che chi si è visto somministrare le tre dosi si sente più invulnerabile e quindi allenta l’attenzione e le precauzioni, mascherina in testa.
Sei paesi hanno iniziato la quarta dose. Che ne pensa?
Ema temporeggia e riflette proprio alla luce di quello che dicevo poc’anzi sull’anergia.
Calano ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva. Si va verso l’endemizzazione?
In Canada e in Sudafrica, dove il tasso di vaccinazione è solo del 20%, Omicron si diffonde in forma perlopiù asintomatica o paucisintomatica tra l’80 e il 90%. Significa che questo virus è molto più blando, meno virulento. Non è paragonabile a quello dell’influenza, perché è un virus a sé, molto diverso dalle varianti precedenti. Anche in Italia il quadro è decisamente migliorato e se Omicron dovesse rimanere Omicron andremmo veramente verso l’endemia. Ma è presto per dirlo.
Cosa potrebbe succedere?
Si potrebbe arrivare alla situazione endemica in estate, ma proprio durante l’estate nell’altro emisfero, dove c’è la stagione invernale, potrebbe verificarsi una forte replicazione del virus in grado di produrre una generazione di nuove varianti, che poi potremmo ritrovare da noi il prossimo autunno. E’ uno scenario che non si può escludere.
Dobbiamo temere il ritorno di un Covid più virulento?
Il Sars-Cov-2 non sembra revertere, cioè non torna cattivo, come capita ad altri virus. Sembra semplicemente mutare, ma queste mutazioni sembrano andare sempre nella direzione dell’endemizzazione. E’ come se il Covid avesse stipulato una tregua con l’uomo.
Si può allora dire che il virus circola e infetta, ma non provoca malattia?
Non si può dire niente in modo assoluto, non c’è il bianco o il nero. Possiamo dire che Omicron ospedalizza molto meno e che molti ricoverati in terapia intensiva lo sono per una coda della Delta. Anche Omicron può dare malattia severa, ma il rapporto tra ospedalizzati e nuovi casi positivi è sceso di più del 50% rispetto alla variante Delta.
Anche i ricoveri pediatrici sono in calo. Ha senso continuare con la vaccinazione dei bambini?
Sono sempre stato perplesso su questa vaccinazione per il semplice motivo che è un vaccino vecchio e non aggiornato su Omicron. In secondo luogo, i bambini molto raramente vengono colpiti da una Mis-C, la sindrome infiammatoria multisistemica, tra l’altro curabile con un farmaco che è l’Anakinra. Infine, dai primi dati emerge che Omicron dà molti meno sintomi di Long Covid rispetto a Delta.
Lei ha detto che c’è una norma che ritarda l’uso dei farmaci antivirali. Di cosa si tratta?
I farmaci antivirali possono essere una soluzione per poter alleggerire le misure di mitigazione e per abbassare il numero di ospedalizzazioni e di decessi, che sono ancora un po’ alti rispetto ad altri paesi. In base ai primi dati, la pillola Paxlovid della Pfizer sembrerebbe ridurre dell’88% sia la mortalità che l’insorgenza della malattia severa. L’importante è poter somministrare tempestivamente questo farmaco nei pazienti allo stadio iniziale della malattia e che non sono ancora in ossigenoterapia. Per fare questo è necessario che il medico di base sia uno dei primi punti di distribuzione sul territorio, non per dare a tutti il farmaco, ma per intercettare immediatamente il paziente eleggibile alla terapia: caso positivo con qualche fattore di rischio.
Dove sta il problema?
Sono stati acquistati 600mila cicli di antivirale – un investimento importante -, di cui 11.200 già distribuiti nelle varie regioni, ma solo alle farmacie ospedaliere, in base a quanto previsto dalla legge 648 del 1996, perché il Paxlovid viene considerato come farmaco accettato per uso emergenziale. Andrebbe invece superato questo blocco, allargandone la prescrizione anche ai medici di famiglia. Far somministrare questi antivirali solo in ospedale e non anche tramite la medicina territoriale è, oltre tutto, discriminatorio sulle aspettative di vita. Basti pensare a chi vive nelle periferie o nei centri delocalizzati e che non può accedere facilmente e in tempi rapidi a un reparto di malattie infettive.
La decisione è politica, ma da scienziato, da virologo, le restrizioni si possono allentare o cancellare?
Le misure di mitigazione si possono modulare in base al quadro epidemiologico, perché servono a spalmare i nuovi casi e le ospedalizzazioni. Il buon senso ci dice che è meglio toglierle gradualmente e non tutte di colpo. E’ giusto tranquillizzare, ma non illudere che la pandemia sia finita. Giusto allora togliere quarantene e Green pass, che complicano la vita alle persone, ma la mascherina no, è il device medicale che ci protegge non solo dal Sars-Cov-2 ma anche dagli altri virus respiratori.
(Marco Biscella)
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