Lunedì 4 novembre, presso il Centro Culturale di Milano, inizierà una serie di incontri, dal titolo Con tutto il nostro umano, con otto sacerdoti della Milano di oggi che si confronteranno su alcune delle sfide più emergenti nella società attuale. Si comincerà lunedì alle 21 con Bibbia vs social: la Parola e il like, ospiti Franco Manzi e Alberto Ravagnani.



Abbiamo chiesto a due  sacerdoti, Roberto Pasolini e Franco Manzi, di raccontare l’origine e lo scopo di questa iniziativa.

Perché mettere a tema l’umano? 

Pasolini: Abbiamo deciso di partire dall’umano perché è il punto di partenza di ogni vera ricerca, il terreno comune tra tutti, indipendentemente dalla fede o dalle competenze. L’umano è l’esperienza viva che ci accomuna, il luogo delle domande più profonde, quelle che non possiamo ignorare. Le nostre competenze teologiche ed educative sono strumenti preziosi, ma non avrebbero senso se non si confrontassero con la realtà vissuta da ogni persona. Mettere al centro l’umano significa tornare alle radici dell’esperienza, dove si incontrano le domande sul senso, sul dolore, sulla speranza. È da qui che vogliamo partire, perché crediamo che solo nella comprensione profonda di ciò che significa essere umani può nascere un vero dialogo su Dio, sul nostro destino come suoi figli e su ciò che trascende la nostra quotidianità. Dopo l’incarnazione di Cristo sappiamo che l’umano è il punto d’incontro tra la terra e il cielo, e da lì vogliamo iniziare.



Come gli incontri possono essere una provocazione positiva?

Pasolini: Gli incontri che proponiamo sono pensati come spazi aperti, dove le domande, anche le più difficili e scomode, non vengono censurate, ma accolte come parte di un cammino di verità. Non censurare significa non aver paura di affrontare la complessità, significa dare valore a ogni dubbio, a ogni incertezza, perché è proprio lì che possiamo aprirci a una comprensione più profonda del mistero di Dio e della nostra umanità. Il tempo in cui viviamo è pieno di sfide meravigliose e difficili, che chiedono di essere guardate anzitutto con lucidità e profondità. Vogliamo che la realtà resti una provocazione positiva, una sfida continua a guardare oltre la superficie delle cose, a non accontentarsi delle risposte facili o preconfezionate. In questo modo, possiamo scoprire che anche le difficoltà più grandi nascondono un invito a cercare una vita più autentica, più vera, più piena.



Gli incontri sono destinati prevalentemente ai giovani, universitari e lavoratori della Milano di oggi. Per quale ragione un giovane di questi dovrebbe accettare l’invito? In quale punto della loro vita avete desiderio di incontrarli?

Manzi: A Milano vivono in questo momento 200mila studenti. Immagino un numero ben superiore di giovani lavoratori. In un oceano di modi diversi di intendere le scelte di vita giovanili, questi quattro incontri sono una goccia senza pretese, ma capace di far germogliare in cuore sentimenti e ragioni autenticamente umane. Per entrare, non è necessario il biglietto della fede militante. È richiesto quello della ricerca sincera. All’interno, non si vendono certezze. Si condividono esperienze. Passi già fatti da otto preti, che mostrano che la “Via” verso la “Vita” è percorribile, anzi è affascinante, benché – come tutte le cose belle – impegnativa. Un giovane capisce subito che c’è pane per i suoi denti!

I confronti sono stati pensati mettendo insieme delle apparenti antitesi: bibbia e social, affetto e ragione, tradizione e cambiamento, peccato e perdono. Quali sono le ragioni che vi hanno portato alla scelta di questi argomenti? Cosa vedete di urgente e promettente in queste sfide?

Manzi: A dire il vero, gli ideatori di questa griglia di apparenti antitesi sono stati i giovani, che con incredibile entusiasmo, creatività e dedizione, ci stanno aiutando a inventare questi istanti di riflessione e di confronto sul senso della vita e sulla vocazione sacerdotale. In ogni caso, ciascuno di questi termini apre un mondo: dal panorama biblico a quello filosofico, dal pianeta affettivo alla costellazione dei social. Il loro accostamento fa scattare quasi spontaneamente la sfida del dialogo, sempre foriero di arricchimento. “Quasi spontaneamente”: perché in gioco entrano delle persone, che dovranno decidere, in pubblico, fino a che punto permettere agli intervistatori di penetrare nel loro “castello interiore”. Io scommetto che si verificheranno sorprendenti fusioni di orizzonti, all’insegna della Verità.

(Simone Riva)

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