Mi capita di scrivere un post su Facebook in cui dico “concertone” riferendomi all’evento del Primo maggio a Roma, e mi rispondono “Perché chiamare concertone una festa di piazza?”. Non dico niente, ma insomma, è da sempre che ci si riferisce a quello spettacolo come “concertone”, non l’ho inventato io. Poi mi viene in mente che sì, probabilmente è per questo che il “concertone” non piace più a quella sinistra (ex?) un po’ snob che ha sempre visto l’evento come sua proprietà privata e rimpiange quando c’erano gruppi e artisti militanti, così da declassarlo a festa di piazza che comunque non è un insulto, anzi.
Vi dò una notizia, anzi più di una. Intanto non è colpa nostra se vi siete divisi in due: a Taranto anche ieri, nei luoghi devastati dall’acciaieria Ilva c’è stato, come ormai da anni, un altro “primo maggio”. Quello schierato politicamente, quello impegnato, quello con i “gruppi rock” e tanta sinistra (ex?). A Piazza San Giovanni invece tantissimi giovanissimi, ragazzini anche, e lo stesso sul palco. Quindi chiedete semmai ai sindacati perché due eventi così diversi e divisi. La seconda notizia: sul palco, piaccia o no, c’erano la musica e gli artisti che piacciono a quei ragazzini, ragazzini come loro e quindi forse meglio di una volta dove c’era un mischione di teste calve e capelli ingrigiti e giovanissimi e dove si spingeva sul palco di tutto, da Lou Reed all’ultimo fuori uscito da Amici. I tempi cambiano, come diceva Bob Dylan peraltro cantato da un quasi giovane, Mengoni, che vivaddio gli va un plauso solo per aver scelto Blowin’ in the wind invece di Imagine di John Lennon (che comunque è stata fatta sentire a inizio concerto, tanto per non uscire dai binari, non si sa mai che non seguire i riti ci renda un po’ più liberi).
Diciamocelo anche se ci scoccia ammetterlo: noi di una certa età non ci sentiamo rappresentati da quella musica, da quella piazza, che invece oggi è “la” musica che piace a quelli che hanno vent’anni come li avevamo noi quarant’anni fa. E non è colpa di nessuno se i gusti cambiano, le mode anche. Forse è colpa di quel che erano i nostri eroi se non hanno lasciato alcuna eredità e allora i ragazzi fanno bene a cercarsi altro.
Vi do un’altra notizia: i giovani di oggi sono molto tristi, lo si è sentito dalle canzoni che cantano. Forse dovremmo chiederci perché. Qualcun altro con disprezzo ha scritto sui social “che palle ‘sti ragazzi tutti depressi”. Sì, sono tristi e depressi perché non gli abbiamo lasciato un bel mondo. Sono impauriti, sono più sfortunati di noi “boomers” che abbiamo avuto tutto, cantano e parlano di tristezza, di morte, poco di lavoro anche perché lavoro non ne hanno, questa società dove noi anziani teniamo le chiappe sulle poltrone a vita non permette loro di trovarlo. Sindacati, ci siete?
Erano in 300mila ieri, si sono presi la piazza con serenità e gioia, senza nessuna prevaricazione o violenza come siamo abituati di solito nelle piazze italiane. Anzi, facevamo tenerezza per come erano composti senza esultare in modo isterico anche quando c’era un loro idolo sul palco. E allora dobbiamo loro un po’ di rispetto. Noi possiamo sempre starcene a casa a sentire i nostri dischi e ricordare i nostri eroi, quello che potevamo fare lo abbiamo fatto. Adesso è il loro turno.
Ah, un’ultima cosa. Caro Fedez, ci dispiace per i tuoi problemi di salute, ma smettila di rompere con i tuoi ultimatum guasta feste. Non se ne sente il bisogno della tua disperata ricerca di attenzione a tutti i costi.
Se interessa l’opinione di un sessantenne, mi è piaciuta molto Angelina Mango, figlia d’arte di un talento come Mango, a dimostrazione che forse qualcosa del passato è rimasto. E per chi sbotta sui rapper (non è il mio genere e comunque c’è sempre stato un abisso tra quelli afro americani e gli italiani, non è un genere che si adatta alla nostra lingua) un plauso a Rancore che ha portato sul palco Ninna Nanna della guerra di Trilussa, che il poeta romano scrisse nel 1914 a inizio della Prima guerra mondiale. Ma ancora di più un pezzo coraggioso, onestamente brutale nel riconoscere le proprie colpe, il nostro disagio, la bellezza che comunque fa sempre capolino. Parlo di Questa cosa che ho scritto mi piace: “Ogni cosa è illuminata adesso, è strano Che io mi stupisca proprio adesso (…) Quanta pace, quanta pace, quanta pace vuoi? Io che forse sono troppo capace A portare la mia guerra al mondo Pretendevo fosse tutto uguale Luce chiara come buio profondo Tra le mani ho questo bene, questo male”.