La proroga alla richiesta di rinnovo delle concessioni balneari decisa dal legislatore della Regione Sicilia (autonoma rispetto al resto del nostro territorio) è stata dichiarata incostituzionale: a dirlo – come sempre in questi casi – è stato il massimo organo giuridico italiano, ovvero la Corte costituzionale con la sentenza 109 pubblicata nella giornata di oggi, 24 giugno 2024. Lo scontro era nato già lo scorso anno, con la Sicilia che aveva prorogato il termine per presentare la richiesta di rinnovo delle concessioni balneari alla data del 30 aprile 2023, spingendo immediatamente il governo Meloni ad avanzare alcuni dubbi: il primo riguardava la proroga vera e propria, in contrasto con il resto della legislazione italiana e (di conseguenza, ma ci arriveremo a brevissimo) con la Costituzione; il secondo su una presunta violazione degli articoli 14 e 17 dello statuto di autonomia con un eccesso di competenze.



Era stato proprio il governo ad ipotizzare che la proroga violasse la cosiddetta direttiva Bolkestein varata dall’UE nel 2006  e che impone – a tutti gli stati membri, Italia inclusa – di riaprire le gare per le concessioni in scadenza, superando definitivamente la consuetudine di prorogarli in automatico. Secondo il governo, la proroga della domanda di rinnovo delle concessioni balneari da parte della Sicilia – scrive la Corte in un comunicato – “corrobora la proroga fino al 31 dicembre 2033” nonostante il parere contrario sui rinnovi automatici già espresso dal Consiglio di Stato nel 2021 e dalla Corte di giustizia UE nel 2023.



Il parere della Corte Costituzionale: perché la proroga della Sicilia per le concessioni balneari è illegittima

Tornando ad oggi: la Corte Costituzionale ha infine dato ragione al Governo, dichiarando costituzionalmente illegittima la proroga decisa dalla Sicilia ed imponendo di rimettere in gara quelle concessioni balneari che (lo scorso anno) erano in scadenza. Il rinnovo automatico – ricorda ancora una volta la Corte – è in contrasto con il parere “più volte” espresso “dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea” ed oltre ad essere “oggetto di disapplicazione da parte della giurisprudenza amministrativa”, è in pieno contrasto con “l’articolo 12 della direttiva Bolkestein, e quindi con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione” che – pur non parlando direttamente di concessioni balneari – impone alle regioni autonome come la Sicilia di osservare e rispettare “gli obblighi derivanti dall’Unione europea assunti dall’Italia”.



La Corte – infine – precisa che di fatto la norma siciliana non si riferisce “alla vera e propria proroga delle concessioni fino al 2033”, ma nonostante questo la proroga della presentazione delle domande di rinnovo da parte dei balneari “finisce con l’incidere sul regime di durata dei rapporti in corso, perpetuandone il mantenimento e quindi rafforza (..) la barriera in entrata per nuovi operatori economici”.