L’appello del Capo dello Stato Sergio Mattarella su ambulanti e balneari “non rimarrà inascoltato”, “lavoriamo a una norma di riordino e a un necessario confronto con l’Ue”. Così la Premier Meloni nella sua conferenza stampa fiume di inizio anno. Peccato che l’Ue (e poi il Consiglio di Stato) sia stata più volte molto chiara: la direttiva Bolkestein va rispettata e applicata, con l’immediata messa a gara delle concessioni, vista la decadenza delle attuali avvenuta il 31 dicembre scorso. Dunque, avanti con gli iter delle aste. Senonché il vicepremier Salvini, ministro per le Infrastrutture, poco prima della fine del 2023 ha voluto impegnare il Governo sulla valutazione dell’entità dei litorali italiani (sulla base di un censimento varato la scorsa estate), che com’è noto risulterebbe abbondante, così da tentare la caduta di uno dei principi della Bolkestein, cioè la scarsità del bene demaniale in questione. Un’evidenza che potrebbe essere fatta valere a Bruxelles, per consentire di disapplicare l’obbligo delle gare.



Peccato che la Commissione europea si sia già espressa con il parere motivato inviato all’Italia lo scorso novembre, sostenendo che “i risultati dei lavori del tavolo tecnico non siano idonei a dimostrare che su tutto il territorio italiano non vi è scarsità di risorse naturali oggetto di concessioni balneari” e che “per una parte delle proprietà demaniali marittime, lacuali e fluviali disponibili per le attività ricreative e turistiche in cui sono rilasciate concessioni balneari, esiste un elemento di scarsità”. La procedura europea d’infrazione è dietro l’angolo, in un momento in cui l’Italia già si ritrova in attrito, dopo la bocciatura del Mes. Nelle more, però, Salvini ha anche invitato i Comuni interessati a non procedere con i bandi, di fatto mettendo in difficoltà molte amministrazioni che già avevano provveduto, e nello stesso tempo esponendo le altre ai potenziali ricorsi di nuovi gestori rimasti in attesa.



Il caos è evidente, con una malsana incertezza che non fa bene a nessuno, tanto meno agli stessi imprenditori balneari che, anche volendo, non possono affrontare alcun investimento, perfino alcuna manutenzione senza la tranquillità che il loro lavoro non andrà perduto. È una situazione pilatesca che va avanti almeno dal 2018 (dopo altre proroghe succedutesi prima, durante i mandati di svariati Governi), quando una legge prorogò di altri 5 anni le concessioni già allora scadute, senza mettere mano a un riordino normativo del settore. Un percorso scandito dalle varie sentenze dei Tar, che quasi sempre hanno bocciato la proroga automatica delle concessioni.



Il rebus sembrava risolversi nel 2022, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, quando fu promulgata una nuova legge in rispetto alle indicazioni della Commissione europea. Ma si sa che in Italia la legge, da sola, non basta: servono i decreti attuativi, che per definizione servono per poterla applicare. Decreti che però non sono mai arrivati, così come non è mai stato chiarito il tenore e le modalità per stabilire il valore dei beni da indennizzare, nel caso un nuovo gestore vincitore di gara subentri al precedente. In questa situazione, scaduto il termine del 31 dicembre scorso, e non giudicando sufficiente un generico rimando alla fine del 2024 (proprio per la mancanza dei decreti di cui sopra), si sta assistendo a una sostanziale deregulation, dove alcuni Comuni litoranei (uno su tutti: Rimini, il divertimentificio d’Italia) hanno già indetto le gare pur senza regole nazionali precise, anche perché si tratta di iter che comportano alcuni mesi di lavoro, mentre altre amministrazioni restano in attesa, e così facendo sono suscettibili di una pioggia di ricorsi.

“Il peccato originale della direttiva Bolkenstein – ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, in una recente intervista – è che non è un abito sartoriale, e probabilmente non lo potrà mai essere”. Taylor law o no, sfruttando la legge regionale del turismo, in Veneto numerosi Comuni costieri hanno bandito da tempo le gare, prevedendo a carico di chi si aggiudica la concessione i giusti ristori per gli investimenti sostenuti dai predecessori. Che poi questi risarcimenti e la loro quantificazione dovrebbero essere l’unico punto in discussione, e non il principio sulla trasparenza e competitività su servizi e commerci, sul quale invece continua l’inconcludente teatrino all’interno della stessa maggioranza, tutti preoccupati di non alienarsi le simpatie della categoria.

Un’empatia che invece sta calando drasticamente nell’opinione pubblica, anche alla luce dell’ultimo regalo fatto dal governo ai balneari: la riduzione del 4,5% sui canoni di concessione per il 2024, già sufficientemente ridicoli. “Ma la riduzione – sostiene Antonio Capacchione, presidente del sindacato di categoria – è dovuta alla variazione dell’indice Istat, secondo la legge del 2006”. Tutto in regola, insomma, ma sembra davvero la bandierina su un castello di sabbia che si sta squagliando.

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