I balneari toscani contro le proroghe delle concessioni. A chi segue la spinosa quanto infinita questione legata all’applicazione della direttiva Bolkestein (che vuole finite le proroghe e le concessioni demaniali messe all’asta), sembrerà incredibile. Eppure il Sib-Confcommercio Toscana – riferisce l’house organ del settore, MondoBalneare – ha lanciato un’iniziativa legale per predisporre una serie di ricorsi contro le amministrazioni comunali della regione che hanno adottato la proroga delle concessioni al 31 dicembre 2024. “Detta così – riporta MB -, la notizia sembra un controsenso, e invece ha i suoi fondamenti: la maggior parte dei Comuni ha infatti disposto l’estensione come una misura finalizzata a espletare le evidenze pubbliche per riassegnare i titoli in scadenza. Uno scenario che pare non piacere al Sib Toscana, tanto che nel corso di una recente assemblea regionale, è stato deciso di ingaggiare un pool di esperti tecnico-giuridici per predisporre i ricorsi, a prezzi calmierati per gli associati a Confcommercio”.
Cosa succede? Allora, stando alla legge 118/2022 del Governo Draghi, le concessioni balneari sarebbero dovute scadere il 31 dicembre 2023, anche se alle amministrazioni locali era concessa la possibilità di un anno ulteriore di proroga in caso di impossibilità oggettive a espletare le gare. Capita quindi che di tale possibilità si sia avvalsa la quasi totalità dei Comuni costieri, impossibilitati per la mancanza di linee guida nazionali, dato che anche l’attuale Governo non ha mai approvato gli indispensabili decreti attuativi della 118, per disciplinare il rinnovo dei titoli. Dunque, i Comuni costieri hanno deliberato le proroghe facendo collegandole direttamente al completamento delle procedure di evidenza pubblica, dandole dunque per scontate. Questo è il nodo del contendere: secondo il sindacato dei balneari, al contrario, di scontato non c’è proprio niente.
“Le delibere varate dai Comuni, che a un primo sguardo superficiale potrebbero apparire positive per la nostra categoria – sostiene la presidente di Sib-Concfommercio Toscana Stefania Frandi -, a una lettura più attenta contengono in realtà due elementi di forte pericolosità. Il primo è che esse accorciano notevolmente la durata delle concessioni in nostro possesso, rispetto al termine del 2033 decretato a suo tempo dal Governo Conte. L’altro fattore è che le delibere dei Comuni siano in realtà propedeutiche all’allestimento delle gare già per il 2024. Un atto che giudichiamo illegittimo e oltretutto inopportuno politicamente, considerando il lavoro ancora in atto da parte dell’attuale governo per risolvere una volta per tutte la questione delle concessioni, attraverso la cosiddetta mappatura”.
Ma oltre alla mappatura (tesa a stabilire la non scarsità del bene demaniale, cioè i litorali, e quindi ad escludere la necessità della Bolkestein), il nodo principale della lunga questione restano gli indennizzi, quelli che dovrebbero andare agli attuali detentori della concessione in caso di surroga con altre imprese. Come valutarne la consistenza, al di là dei possibili ricorsi giudiziari?
Gli stabilimenti balneari italiani spessissimo hanno visto la gestione trasferita in passaggi generazionali della stessa famiglia, tipici dell’impresa artigiana nazionale, che hanno portato nel tempo alla costruzione di valore e reputation. Asset difficilmente quantificabili, o comunque soggetti a valutazioni variabili. Da qui il bisogno di stabilire invece parametrazioni il più possibili oggettive e ripetibili, una postura standardizzata di stima che si basi sui bilanci, gli investimenti sostenuti nel tempo, la consistenza del brand, l’appeal della location, le tendenze del mercato e molto altro ancora. “Esistono – informa MB – standard e linee guida che, seppure non obbligatori, sono un riferimento utile all’attività di valutazione. È da questo mix di criteri valutativi che scaturisce un nuovo metodo di valutazione dell’impresa e del brand. A tal fine la norma UNI 11729:2018 (Linee guida per la stima del valore delle imprese concessionarie demaniali marittime, lacuali e fluviali a uso turistico ricreativo) e in vigore dal 18 ottobre 2018, specifica in maniera appropriata i principi e procedimenti per la determinazione del valore di mercato dell’impresa balneare, secondo metodologie conformi agli standard nazionali e internazionali”.
Per cui, gli strumenti ci sarebbero già, ma continua a mancare la volontà politica e amministrativa, e i relativi decreti attuativi, per dar corso alla procedura. Il tutto a pochi mesi dall’inizio della nuova stagione, che dopo un 2023 da record si preannuncia altrettanto se non ancora di più performante. L’analisi è arrivata dalla recente ventitreesima edizione della Fiera dell’Alto Adriatico 2024, appena conclusasi a Caorle (Venezia), un vero riferimento per il mondo ho.re.ca e balneare del nord-est (300 marchi e 120 aziende espositrici). Le destinazioni che hanno registrato una maggiore crescita sono risultate Sottomarina, Jesolo e Bibione, con un’interessante novità: la destagionalizzazione. “Un fenomeno – ha detto Samuele Marchetti, market team manager di Booking.com Italia – dato da un meteo favorevole e da temperature miti anche a settembre o addirittura ottobre, ma anche da grandi eventi organizzati in quel periodo”.
A Caorle s’è parlato anche di tendenze, ovvero di cosa cercano i turisti quando prenotano le vacanze. L’analisi dei dati dimostra che l’esperienza culinaria è uno degli aspetti più richiesti, seguita dalla sostenibilità ambientale: ad esempio, il 53% dei turisti cerca strutture alimentate con fotovoltaico. Il 71% cerca un “pacchetto” che comprenda, oltre alla bontà della struttura ricettiva, i servizi extra e le esperienze possibili. Per quanto riguarda il 2024, a oggi le prenotazioni per la costa veneta stanno superando i valori del 2023, con turisti stranieri previsti da Austria e Germania, sempre ai primi due posti, seguite da Ungheria.
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