Tanto tuonò che… non piovve. Nella terra dei cachi – per dirla alla Elio e le sue storie tese – le scadenze sembrano fatte di chewingum, a geometria variabile secondo le pressioni dei soggetti interessati su decisori sempre sensibili ai peana, visto il clima di perpetua campagna elettorale che ci contraddistingue.
In questo caso, si tratta di concessioni balneari, che dal primo gennaio 2024 avrebbero dovuto andare tutte a gara pubblica. Avrebbero, condizionale d’obbligo, perché qualche giorno fa il ministro del Turismo Massimo Garavaglia ha parlato di un “ragionevole periodo transitorio di ulteriori due anni, fino al 31 dicembre 2025, rispetto al termine delle proroghe attualmente fissato a fine 2023”. Il Governo, insomma, un po’ sottotraccia, starebbe preparando un periodo di sospensione prima di procedere con le gare. “Resta confermato – ha detto ancora Garavaglia – che entro fine anno saranno varati i decreti, ma poi un solo anno disponibile per completare le procedure sulle manifestazioni di interesse per le concessioni sarebbe davvero complicato. Un periodo transitorio sembra una modifica ragionevole al decreto concorrenza, così come la considerazione degli indennizzi per il valore aziendale delle imprese”.
Effettivamente, se si immagina la complessità dell’iter burocratico e tecnico per la messa a regime delle nuove gare, con tutto quello che ne deriva (ad esempio, manca ancora la mappatura completa dell’esistente), si comprende che almeno stavolta una proroga non sarebbe capziosa. Il termine stabilito da palazzo Spada era stato individuato “in base alla necessità di assicurare alle amministrazioni un ragionevole lasso di tempo per intraprendere le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara”, ma quel “ragionevole” – alla luce della burocrazia italiana e degli iter necessari – non sembra insomma aderente alla realtà.
“Per adesso il mio è un giudizio basato sulla prudenza – commenta Alessandro Berton, presidente di Unionmare Veneto, la rappresentanza degli operatori balneari della regione -. Siamo moderatamente soddisfatti di questo lasso di tempo supplementare (se sarà confermato), dovuto al fatto che moltissimi Comuni non riuscirebbero a rispettare le tempistiche previste per le gare d’assegnazione. Ma siamo anche convinti che la sostanza non cambia: la strada è stata ormai stabilita”.
Ma anche la strada di questo ennesimo rinvio non è tutta in discesa: si dovrà passare da un ok della Commissione europea (probabilmente leggermente infastidita da quest’ennesimo tergiversare italiano in merito alla Bolkestein) e da un accomodamento (che sembra difficile, a meno di complicate meccaniche politico-giuridiche) con il Consiglio di Stato, che aveva deciso (sentenza 18/2021 del 9 novembre scorso) la scadenza del 31.12.2023. Ma tant’è: sono piovuti così tanti emendamenti sull’emendamento del decreto Concorrenza, così tante richieste di parlamentari, da spingere il Governo a studiare un possibile correttivo al Ddl, già per altri versi abbastanza contrastato trasversalmente.
L’altra questione citata dal ministro, e allo studio nella decima commissione del Senato, sono gli indennizzi, quelli che gli imprenditori che hanno investito sull’attività balneare in concessione rivendicano in caso di passaggio di mano: il subentrante dovrebbe insomma riconoscere il valore d’impresa. Resta però da chiarire quali criteri di valutazione seguire, parametri che dovrebbero essere il più possibile oggettivi e non favorire nessuna delle parti. La strada sembra ancora lunga.
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