Esattamente un anno fa fu annunciata l’introduzione del Concordato preventivo biennale (Cpb) che ha puntato sulla collaborazione fisco-piccole e medie imprese da sempre auspicata ma mai realizzata. Letta la norma fu subito chiaro come il successo del nuovo istituto fosse legato alla capacità del fisco di declinare correttamente le aspettative dei contribuenti.



I ritardi con cui si è giunti alla definizione delle regole operative hanno minacciato la credibilità e l’appetibilità dell’istituto. Il Governo per porre rimedio ai ritardi accumulati e incentivare le adesioni al Cpb ha introdotto più di un correttivo. Da ultimo, sul filo di lana, è stata data introdotta l’opportunità di aderire alla definizione/sanatoria delle annualità 2018-2022 riservata agli aderenti al Cpb.



La fatica con la quale si è giunti al traguardo del 31 ottobre scorso ha fatto storcere il naso ai contribuenti e ai loro professionisti inducendoli a chiedere una proroga del termine per aderire. Nei giorni scorsi, in attesa di una probabile riapertura dei termini di adesione, sono arrivati i primi dati che tuttavia si prestano a diverse interpretazioni. Il dato numerico delle adesioni pare sia superiore a quello registrato in occasione delle analoghe iniziative del passato. Al concordato del 2003-2004 aderirono meno di 250mila contribuenti. Le adesioni per il biennio 2024-2025, invece, sarebbero oltre 500mila e gli incassi attesi nel biennio sono stati quantificati in 1,3 miliardi.



Le adesioni maggiori, circa 400 mila, sono venute dai soggetti Isa. I forfettari, invece, pare abbiano gradito poco la chance offerta dal Cpb.

Chi giudica scarso il numero delle adesioni lo fa sottolineando come esso dipenda dal basso rischio di subire accertamenti che renderebbe maggiormente conveniente evadere piuttosto che dichiarare di più.

Il viceministro Maurizio Leo ha evidenziato l’aspetto qualitativo delle adesioni. Dalle sue dichiarazioni si ricava che dalle adesioni emergerebbe una base imponibile di 8,5 miliardi di euro. Partendo da questo dato rimane da capire come questo maggiore imponibile potrà divenire stabile per il futuro.

Non è pacifico e non è chiaro, infatti, perché per il futuro le imposte da pagare dovrebbero essere quelle dovute in base ai nuovi imponibili concordati per il 2024-2025. È legittimo, infatti, presumere che i contribuenti, venuto meno il vantaggio, possano ridurre i redditi dichiarati ritornando al 2023. Se ciò avverrà avrebbero ragione coloro i quali pensano che il popolo degli Isa sia composto per lo più da evasori. Se ciò non avverrà avrà vinto chi ha puntato sull’introduzione del Cpb.

Le adesioni per il primo biennio di applicazione del Cpb sembra siano state stimolate dalla possibilità di aderire alla sanatoria per le annualità 2018-2022. Per stabilizzare il gettito futuro su quale stimolo si punterà? Senza un intervento in questa direzione c’è il rischio concreto che nel 2026 mancheranno le maggiori risorse attivate dal Cpb e dovranno recuperarsi le risorse richieste in acconto alle banche. Il combinato disposto di questi effetti fungerà da innesco per un nuovo buco nei conti pubblici? Per stabilizzare il gettito probabilmente si punterà a una riduzione dell’Irpef che dovrebbe consentire di mantenere il gettito promosso dal Cpb e dare a quest’ultimo la patente di operazione dalla quale ricavare la tranquillità fiscale.

Nel frattempo la burocrazia ha voluto marcare la sua presenza. Il regolamento n° 403886 delle Entrate pubblicato il 4 novembre ha introdotto problemi operativi non banali. Il perfezionamento della definizione per gli anni 2018/2022 per le società di persone e per le S.r.l. trasparenti (soggetti di cui agli articoli 5, 115 e 116 del Tuir) passa, infatti, per un’artificiale proliferazione dei modelli di pagamento che non ha nessuna giustificazione sostanziale alla quale andrà posto rimedio.

Ciascuno di questi soggetti giuridici, infatti, sarà chiamato a pagare in proprio la maggiore Irap richiesta e ciascun socio dovrà pagare la sua quota (da calcolarsi sulla misura della partecipazione) di imposta sostitutiva dell’Irpef. La frittata è di tutta evidenza se si decide di optare per la rateazione (è possibile optare per un rateizzo dei pagamenti in 24 mesi). A titolo di esempio, infatti, una società (di persone o una S.r.l. trasparente) con 4 soci dovrà compilare fino a un massimo di 24 modelli di pagamento F24 per definire l’Irap e i soci fino a un massimo di 96 modelli di pagamento F24 (24 mensilità per i 4 soci) per definire l’imposta sostitutiva dell’Irpef. A completare il quadro la previsione per cui il mancato pagamento di una rata potrebbe determinare l’invalidità della definizione per tutti.

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