Il concordato preventivo biennale non ammette nessuna proroga in Manovra, ma nonostante lo stop alle adesioni proclamato qualche giorno fa, spunta la possibilità – molto vaga – di lasciare spazio ad una nuova finestra che possa consentire “nuovi accessi” all’accordo tra P.IVA e fisco.
Il pressing che viene fatto al Ministero dell’Economia dai commercialisti e dai professionisti del settore, potrebbe tramutarsi in una nuova chance per aumentare il gettito fiscale e avvicinarsi all’obiettivo economico del Governo: 2 miliardi di euro esclusivamente dal CPB.
Concordato preventivo biennale, nessuna proroga ma una finestra
Mentre sul concordato preventivo biennale è stato proclamato in via ufficiale lo stop alle adesioni, il Governo potrebbe pensare ad una soluzione che possa prevedere un nuovo iter per accogliere nuove domande e accessi al CPB (magari fino al 31 dicembre 2024).
Si tratta di una sola supposizione e nulla di certo, visto che il 7 novembre i commercialisti dovrebbero iniziare uno sciopero dato che la loro parola non è stata neanche ascoltata.
Pochi giorni fa, Elbano de Nuccio, Presidente del consiglio nazionale dei commercialisti, ha spiegato che una proroga sarebbe stata un’opportunità in più per i lavoratori autonomi che con qualche giorno di slittamento avrebbero potuto valutare la reale convenienza, e per l’erario con una possibile entrata fiscale maggiore dei risultati attuali.
La nuova finestra sarebbe come un nuovo capitolo con nuovi conteggi e termini ultimi da rispettare (presumibilmente entro il 31 dicembre 2024). Una soluzione che quasi sicuramente – solo se verrà mai approvata – potrebbe arrivare dopo circa 10 giorni, alla conclusione degli esiti delle adesioni al concordato preventivo biennale.
L’idea sul concordato preventivo biennale
Il Palazzo Chigi ha approvato il concordato preventivo biennale nella speranza di poter promuovere la “campagna amico” tra aziende e lavoratori autonomi a partita IVA con il fisco italiano. Un modo per “premiare” i contribuenti più affidabili e garantire più gettito fiscale all’erario.
La convenienza è oggettiva nei confronti dei lavoratori che vogliono regolarizzare la propria posizione con il Fisco (dichiarando i redditi omessi dal 2018 al 2022) e per chi ha la quasi certezza di poter guadagnare di più rispetto ai redditi degli anni antecedenti al CPB.
In cambio le P.IVA ottengono dei benefit fiscali, una percentuale fissa di imposte (basata sulla media di quanto dichiarato fino a quel momento) e meno controlli.