Il tema di questi giorni sul fronte del fisco è la campagna di adesione al concordato preventivo biennale (Cpb). L’istituto, introdotto lo scorso anno, dovrebbe trovare la prima applicazione per il biennio 2024-2025 per i soggetti Isa, per il solo 2024 per chi adotta il regime forfetario di determinazione dei redditi.
Il Cpb, nelle intenzioni iniziali, voleva essere l’istituto attraverso il quale operare una riduzione dell’aliquota media di tassazione applicabile al popolo delle partite Iva minori e puntava ad aumentare, stabilizzandolo, il gettito fiscale che imprese e professionisti assicurano alle casse statali. La stagione delle adesioni doveva partire ad aprile di quest’anno con la messa a disposizione dei vari strumenti, tra cui il software ministeriale, per elaborare le proposte. In realtà, solo a fine luglio è stata completata la messa disposizione degli strumenti necessari per l’elaborazione delle proposte. Dai primi risultati raccolti emerge che le adesioni attese non si stanno concretizzando. Un ruolo in questo senso potrebbe averlo giocato il ritardo con cui l’Agenzia delle Entrate ha dato la sua interpretazione dell’istituto. È datata 17 settembre, infatti, la circolare interpretativa data dal fisco.
Il Governo, tra luglio e agosto, per dare uno stimolo alle adesioni ha proposto una tassazione agevolata della differenza di reddito, registrata in più di un caso, tra quanto dichiarato per il 2023 e quanto proposto per l’adesione per il 2024. L’obiettivo, dunque, è quello di incentivare le adesioni essendo prioritario trovare quelle risorse stabili. Per i prossimi due anni, infatti, il Ministro Giorgetti ha dichiarato che vuole rendere stabile il taglio del cuneo fiscale (che scade a fine anno) e introdurre un alleggerimento dell’Irpef per i redditi fino a 60 mila euro.
La volontà di operare un “bis” passa inevitabilmente, se non si vuole creare un buco per tutte le manovre future, dall’individuazione di risorse stabili. L’obiettivo, dunque, è introdurre interventi non temporanei. La finalità è duplice: non fare scatti in avanti e conquistare la fiducia dei contribuenti stanchi di misure a tempo che non stimolano la crescita. I contribuenti, infatti, non sono stimolati a dare impulso alle proprie spese perché le misure agevolative introdotte, rilevatesi sempre temporanee, li farebbe fare scelte che poi si potrebbero rilevare azzardate.
In questo scenario è di questi giorni la conferma che le adesioni al concordato preventivo biennale latitano e per questo si cerca di stimolarle. L’Agenzia delle Entrate ha fatto sapere, adottando il bastone, che sono in partenza inviti alla compliance e ciò dovrebbe funzionare da “stimolo” alle adesioni. Il Governo, invece, agitando la carota: vuole riproporre il patto di qualche anno fa (1994) che di fatto guardava al passato proponendo la “prescrizione anticipata” delle annualità accertabili dal fisco in cambio di un contributo. Nei fatti si trattava di un condono e tale si propone ancora oggi. A oggi di questa implementazione del concordato non si sa molto per cui è difficile fare commenti. Quello che non torna nel dibattito di questi giorni è il silenzio, su questo punto, delle opposizioni.
Una prima conclusione però la si può trarre: mancano le risorse e per reperirle c’è poco da fare, si deve chiedere ai contribuenti più o meno fedeli. Questa abusata esemplificazione conferma che il problema delle risorse non lo si può risolvere attingendo solo e sempre al popolo delle partite Iva, ma andrebbe messa in discussione la spesa. Su questo versante pare ci sia poco in agenda.
Veniamo ai giorni nostri e cioè cosa sta diventando il Cpb? Con ogni probabilità sarà una giungla che terrà impegnati nei prossimi anni contribuenti e fisco con controversie originate da interpretazioni postume più o meno strumentali che si andranno a fare. Tutto ciò appare inevitabile vista la mole di chiarimenti e interpretazioni che si stanno già registrando per incentivare (disincentivare) le adesioni. Il passato è pieno di esempi di questo tipo e ciò non fa altro che alimentare la sfiducia tra i cittadini e fisco.
L’eccesso di interpretazioni e di implementazioni che caratterizza da sempre il nostro sistema fiscale ha trovato in queste ore una conferma eclatante. È di questi giorni, infatti, la notizia del taglio operato dal Mef sulle aliquote Imu (ne sono state tagliate ben 250 mila). La notizia apre a più di una riflessione: la montagna è stata voluta o la burocrazia nell’alimentare se stessa è fuori controllo? Il concordato preventivo biennale avrà lo stesso destino?
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