Alcuni anni fa con la sua solita ironia Checco Zalone raccontò la passione molto italiana per il “posto fisso” che non si lascia mai ed è addirittura il “sogno”, da bambino, del protagonista del suo Quo vado? record di incassi. Una storia, tuttavia, forse troppo legata alle dinamiche del nostro Mezzogiorno e al mito della “Prima Repubblica” e che, forse, solo parzialmente intercetta le vite, e le ambizioni, dei giovani d’oggi.



Lo sembra dimostrare, ad esempio, il caso, sicuramente eclatante, del concorso per gli Ispettori del lavoro dell’Inl. Più di 1.500 posti in tutta Italia. A Roma, come ha rilevato a suo tempo la Flp, la Federazione dei lavoratori pubblici, su 52 posti assegnati si sono presentati in 15. A Milano e Lodi su 76 posti a prendere servizio sono stati solo 33, meno di uno su due. A Torino 9 su 39, a Padova 6 su 17. Persino al Sud, dove il lavoro pubblico ha sempre avuto un bacino ampio di aspiranti, non è andata meglio. A Bari solo 3 dei 16 vincitori del concorso si sono presentati a firmare il contratto. A Napoli 19 su 32. E la cronaca ci dice che quello dell’Ispettorato del lavoro non è, per fortuna o purtroppo, un caso isolato.



In questo quadro, dopo più di ben 28 anni, si cambiano le regole per l’accesso agli impieghi e le modalità di svolgimento dei concorsi pubblici nel segno della digitalizzazione, della semplificazione, della parità d’accesso ed equilibrio di genere, superando le situazioni di svantaggio, con l’obiettivo di garantire la massima partecipazione ai concorsi e la piena trasparenza ed efficienza nelle procedure. Regole, secondo il Governo uscente, che sono, quindi, più snelle e “razionali” per l’accesso alla Pa, e che mettono a sistema tutte le riforme per la rivoluzione del reclutamento nel pubblico impiego di questi ultimi anni.



Tra gli elementi di riforma vi è la digitalizzazione delle procedure in tutte le fasi di concorso, eliminando per sempre “carta e penna” per l’accesso alla procedura, lo svolgimento delle prove, la nomina delle commissioni, la pubblicazione delle comunicazioni, lo svolgimento dei concorsi e, infine, l’assunzione in servizio.

Secondo l’esecutivo, in questo modo si completa il processo di riforma del reclutamento avviata e viene garantita piena coerenza delle procedure con le innovazioni introdotte con il nuovo portale “InPA”. Dal 1° luglio scorso, infatti, le amministrazioni centrali e le autorità indipendenti possono pubblicare i propri bandi di concorso su InPA, per le assunzioni di personale a tempo indeterminato e determinato. Dal 1° novembre 2022, invece, la pubblicazione sul portale InPA diventerà obbligatoria, e sarà estesa anche a Regioni ed enti locali, mentre dall’anno prossimo non sarà, addirittura, più obbligatorio pubblicare i bandi in Gazzetta Ufficiale.

Viene da chiedersi se questo basterà per fare tornare “attraente” il lavoro pubblico e la professione da “posto fisso”. È certamente però uno strumento in più per dotare il Paese, non solo il Governo dei “Patrioti” entrante, di una macchina amministrativa più efficiente, moderna e in grado di comprendere meglio le dinamiche del mondo presente.

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