Sulla questione connessa ai concorsi nel mondo della scuola finalizzati al reclutamento dei docenti ha detto la sua nelle ultime ore Pietro Ichino, accademico e giurista, il quale ha cercato di dissipare qualsiasi dubbio sulla situazione attuale. Per farlo, ha deciso di rilasciare un’intervista ad “Acta Non Verba”, sottolineando il proprio punto di vista circa la riforma dei concorsi pubblici: “Per quel che riguarda la scuola, effettivamente, mi sembra che l’esigenza di stabilizzazione dei precari prevalga su quella di privilegiare le persone più dotate e più preparate per l’insegnamento”.



Ichino ha inoltre sottolineato che “nella scuola, col prevedere quasi 50mila assunzioni stabili, che potranno avvenire privilegiando il possesso di titoli di servizio, di fatto si creano i presupposti perché a vincere sia chi è già entrato come precario, senza concorso. Si calcola che in questo modo addirittura un terzo del totale degli insegnanti della scuola primaria e media in Italia risulterà assunto in pianta stabile senza superamento di un vero concorso”.



CONCORSI SCUOLA, CASSESE: “SIANO IMPARZIALI”

In materia di concorsi scuola, come ricorda il portale “Orizzontescuola.it”, nei giorni scorsi su “Il Corriere della Sera” è intervenuto un altro giurista, Sabino Cassese, le cui parole sono state le seguenti: “Gli argomenti per aggirare la competizione aperta e decisa secondo il merito sono sempre gli stessi… L’urgenza, la necessità di smaltire le sacche di precari, le irresistibili pressioni dei sindacati. Solo con i concorsi si può avere una amministrazione pubblica più efficace. In altre parole, i concorsi, cioè la competizione, aperta a tutti, e la vittoria decisa sulla base del merito e in maniera imparziale, rispondono a due esigenze: una della società (dare eguali chances a tutti) e una dello Stato (scegliere i più capaci)”. Dichiarazioni forti, a cui ha fatto seguito una chiosa permeata da verità e che riassume anche, inconsapevolmente, il pensiero del sopra menzionato Ichino: “Se si evitano i concorsi, si creano condizioni di favore o di privilegio e non ci si può poi lamentare della tanto vituperata burocrazia”.

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