Caos attorno al concorso rivolto ai docenti della scuola dell’infanzia e primaria indetto nel 2020, in piena pandemia Covid. Molti partecipanti in isolamento, perché contagiati, non riescono a presentarsi alla prova scritta ma ottengono dal Tar ordinanza cautelare di accoglimento della richiesta di svolgimento di prove suppletive. Molti le superano positivamente ed entrano di ruolo. La beffa del destino vuole però che dopo l’impugnazione del provvedimento da parte del Ministero dell’istruzione e del Merito, il Consiglio di Stato ribalti l’orientamento del Tar e annullo le prove suppletive. Ora questi docenti rischiano il licenziamento.



La vicenda non è rimasta solo circoscritta entro le ‘mura’ della stampa scolastica, diventando un caso anche per altri media. Inutile dire come faccia discutere una vicenda del genere, in cui nemmeno un’emergenza sanitaria venga paragonata ad un caso eccezionale tale da permettere la previsione di un calendario di prove suppletive laddove gli aspiranti, causa Covid, si trovino impossibilitati all’espletamento della prova scritta. Come riporta Il Fatto Quotidiano la notizia ha destato oltre che il malcontento dei malcapitati, anche la reazione dei vari sindacati del settore scolastico che, eccezionalmente coesi, parlano di “ingiustizia”.



LE PROVE SUPPLETIVE E LA DECISIONE DEL TAR

Ricostruendo i fatti partiamo dall’indizione del concorso del 2020. Con DD 498 del 21 aprile 2020, modificato dal DD 2215 del 18 novembre 2021, era stato indetto un concorso ordinario per titoli ed esami rivolto alla scuola primaria e dell’infanzia per posti comuni e di sostegno. Le prove sono state espletate nel bel mezzo della pandemia e alcuni partecipanti si sono ritrovati a non potervi prendere parte, nonostante l’iscrizione al concorso stesso, causa quarantena o perché affetti da Covid.

Va precisato che le procedure concorsuali non consentono la fissazione di prove suppletive nemmeno per caso fortuito o forza maggiore (come avrebbe potuto essere considerato il periodo di emergenza sanitaria). Ne è seguita così una battaglia legale che ha permesso agli sfortunati docenti di sostenere comunque prove suppletive nell’aprile 2023 grazie alla favorevole ordinanza cautelare del Tar a cui il MIM ha dovuto adeguarsi. Molti di loro vengono assunti a tempo indeterminato nell’anno scolastico in corso ma il ministero dell’Istruzione e del merito ricorre a sua volta al Consiglio di Stato contro la sentenza dei giudici amministrativi.



IL CONSIGLIO DI STATO RIBALTA L’ORIENTAMENTO DEL TAR

Il Consiglio di Stato, interpellato dal Ministero, nella recente sentenza n. 766 del 24 gennaio 2024 ha ribaltato la decisione del Tar e ha riaffermato il principio dell’irrilevanza degli impedimenti soggettivi dei concorrenti, pure se causati da caso fortuito o forza maggiore, ai fini della partecipazione al concorso. Prevale, infatti, l’esigenza di celerità e certezza dei tempi di conclusione delle procedure concorsuali in condizioni di parità fra i concorrenti secondo il superiore principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.

Il Cds dunque riconosce la fondatezza della tesi dell’amministrazione secondo cui non vi era alcun obbligo di istituire prove suppletive in ragione della pandemia. E ora quel centinaio di docenti entrati in ruolo grazie alla predisposizione originaria delle prove suppletive resta appeso a un filo, a rischio licenziamento. I sindacati del settore scolastico hanno così alzato voce parlando di ‘ingiustizia’ e auspicano in un ripensamento da parte del Parlamento.