Amanda Knox, confermata la condanna per calunnia: secondo i giudici della Corte di Firenze, il memoriale scritto nel novembre del 2007 dalla donna americana, fermata per l’omicidio di Meredith Kercher -accusa da cui fu poi successivamente assolta-, era un “atto di accusa nei confronti di Lumumba” (anche lui risultato poi completamente estraneo ai fatti) e nonostante la diretta interessata avesse giurato di non voler puntare il dito contro l’uomo. Non solo, secondo i giudici toscani il documento in questione sarebbe stato prodotto “spontaneamente e liberamente” dall’imputata statunitense, senza che fosse esercitato alcun tipo di pressione su di lei. Queste le motivazioni della Corte d’Assise e d’Appello che di fatti ha confermato quindi la condanna per calunnia con la pena di tre ani di reclusione, già scontati dopo i quattro trascorsi in carcere.



AMANDA KNOX, L’APPELLO CONFERMA LA CONDANNA A 3 ANNI

La conferma della condanna per calunnia di Amanda Knox chiude quindi un’altra pagina (fra le tante ancora aperte) di una vicenda di cronaca nera e processuale tra le più sconcertati e misteriose della storia recente del nostro Paese: per i giudici di Firenze dunque l’americana era ben consapevole dell’innocenza di Patrick Lumumba dal momento che, come si legge nelle motivazioni della sentenza, “si all’interno della casa al momento dell’omicidio e quindi ben sapeva che lì non c’era”. Veritiero, tuttavia, è il passaggio della Knox che, nel memoriale, parla di un “urlo straziante” dato che si tratta di un fatto realmente accaduto. Il motivo per cui la 37enne accusò Patrick Lumumba era quello di coinvolgere un innocente “per porre termine alle indagini, reputandosi in una posizione delicata”, si legge ancora, e uscendo da una situazione che si faceva molto difficile. “e non potendo prevederne l’esito.



I GIUDICI, “MEMORIALE DELLA KNOX SCRITTO SPONTANEAMENTE MA…”

La Corte ha confermato come Amanda Knox fosse l’unica delle coinquiline di Meredith Kercher effettivamente presente a Perugia la sera dei fatti incriminati e che aveva pure la disponibilità della chiave d’accesso alla casa: all’epoca la ragazza non spiegò mai agli inquirenti che Patrick Lumumba era estraneo all’omicidio, un atteggiamento di “netta divaricazione dal comportamento volto alla collaborazione con gli investigatori”. Come si ricorda, l’uomo trascorse 14 giorni in carcere fino a che le accuse contro di lui non caddero, con conseguente proscioglimento: quindi le accuse per calunnie diventarono definitive nel 2013 mentre due anni dopo ecco la tanto commentata sentenza che assolveva tuttavia lei e Raffaele Sollecito dal delitto per non aver commesso il fatto. “Senz’altro vediamo vari profili di censurabilità proponibili avanti alla Corte” ha spiegato all’Ansa uno degli avvocati della Knox e preannunciando il ricorso in Cassazione, mentre Carlo Pacelli, legale di Lumumba, ha ribattuto che “Il dato oggettivo è, con certezza assoluta, inconfutabile, Amanda Knox è colpevole, è una calunniatrice e non una vittima”.

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