Nella giornata di oggi sono stati condannati i due rapinatori, di origine egiziana, che lo scorso 23 dicembre, avevano rubato il cellulare di Federico Salvini, figlio del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. A decidere la pena, in occasione del processo con rito abbreviato, è stato il gup di Milano, Guido Salvini, dopo l’inchiesta che era stata avviata dalla pm Barbara Benzi dopo l’ovvia denuncia da parte del giovane figlio del ministro Salvini. I due egiziani, riconosciuti come i colpevoli dal ragazzo, sono stati condannati a 4 anni e 6 mesi per l’autore materiale del furto e a 3 anni e 9 mesi per il suo palo. Inoltre, finito di scontare la pena carceraria entrambi saranno espulsi dall’Italia.



Cosa è successo al figlio di Matteo Salvini: la rapina poco prima di Natale

Insomma, con la condanna alla quale non si sono opposti gli imputati, si chiude definitivamente il capitolo della rapina ai danni del figlio ventenne di Matteo Salvini. L’inchiesta, e la ricerca dei due colpevoli, era partita immediatamente dopo la rapina, portando all’arresto dei due egiziani, di 21 e 26 anni, già lo scorso gennaio. In quell’occasione entrambi erano stati individuati come colpevoli da Federico, mentre la procura aveva sottolineato che erano colpevoli di un’altra rapina, avvenuta due giorni dopo, il 25 dicembre.



Il figlio di Salvini, Federico, era stato raggiunto dai due rapinatori la sera del 23 dicembre, in via Jacopo Palma a Milano. Stando alla sua ricostruzione, il più giovane dei due gli aveva puntato contro per minacciarlo un coccio di bottiglia, intimandogli di consegnare tutti i suoi valori. Il ragazzo, che si era anche accorto del secondo uomo, in funzione di palo, aveva consegnato il cellulare e il portafogli senza opporre alcun tipo di resistenza. Così, i due rapinatori erano scappati con il bottino, mentre il figlio di Salvini, dopo aver raccontato l’accaduto al padre, era immediatamente andato a sporgere denuncia. Per i rapinatori il giudice ha riconosciuto alcune attenuanti generiche, anche in virtù della loro ammissione di colpe e del fatto che avevano, tramite una colletta con alcuni amici, risarcito la vittima di circa un centinaio di euro.

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