Arriva dal Missouri la notizia dell’esecuzione della condanna a morte del 55enne Marcellus ‘Khaliifah’ Williams accusato di aver commesso un omicidio – per cui si è sempre peraltro dichiarato innocente, ma ci arriveremo – nel 1998: la condanna è stata eseguita (come da protocollo) con l’iniezione letale all’interno del carcere di Mineral Point, mentre è interessante notare come prima di oggi sia stata già rimandata due volte tra il 2015 e il 2017 su spinta – ironicamente – della stessa procura che aveva aperto il caso giudiziario a suo carico.
Solamente ieri – prima dell’esecuzione della condanna di Marcellus ‘Khaliifah’ Williams – la stessa procura del Missouri aveva provato ad opporsi alla sentenza, lamentando il fatto che il processo a suo carico non era stato condotto in modo corretto, ma solamente 3 dei 9 giudici supremi della Corte americana hanno accordato il rinvio della sentenza; facendo – così – tracollare l’ultimissimo tentativo possibile di salvare un uomo che – di fatto – appare del tutto innocente, ma raccogliendo almeno il sostegno dei legali di Marcellus ‘Khaliifah’ Williams che hanno lodato lo “zelo” della procura nel tentare di “salvare la vita” al loro assistito.
Cosa è successo a Marcellus ‘Khaliifah’ Williams: condannato a morte in Missouri senza alcuna prova per incastrarlo
Per capire cosa è successo a Marcellus ‘Khaliifah’ Williams e perché praticamente tutti – dalle associazioni ai familiari passando anche per la procura, esclusi evidentemente i giudici della Corte Suprema americana – lo ritengono innocente dall’accusa che gli è valsa la condanna a morte dobbiamo tornare indietro nel tempo fino (appunto) al 1998 quando venne trovato il corpo senza vita dell’ex cronista del Dispatch di St. Louis Felicia Gayle, accoltellata all’interno della sua abitazione.
La scena del crimine era una di quelle che avrebbero potuto permettere una condanna lampo dato che furono trovate tracce chiave come un Dna mai analizzato, alcune impronte e diversi capelli; mentre al nome di Marcellus ‘Khaliifah’ Williams si arrivò grazie (o a causa) a due informatori che fecero il suo nome: a poco valse il fallito confronto del Dna raccolto sulla scena per scagionare l’uomo, così come non servì neppure la scoperta che la confessione dei due testimoni fu profumata pagata dagli inquirenti con somme di denaro (si parla di 10mila dollari) e sconti di pena.