Che bello! Una volta tanto, una notizia che ti riconcilia con il mondo, che ti ricorda quanto grandi possiamo essere noi umani, quando siamo all’altezza di noi stessi. Un ragazzino italo-nordafricano, famiglia difficile, adolescenza turbolenta, rimandato a giudizio quando aveva quindici anni per non so cosa, dopo un iter giudiziario durato anni si è imbattuto in una proposta geniale: l’associazione Lunghi cammini ha suggerito di metterlo alla prova – la “messa alla prova” in attività a vario titolo utili o significative è un istituto previsto dalla nostra legislazione – facendogli fare il Cammino di Santiago. Il giudice ha accettato e il ragazzo è partito. Millecinquecento chilometri a piedi, senza alcol, senza droghe, senza telefonino. Con lui un “nonno”, un pensionato sessantottenne che aveva il compito di vigilare su di lui, di accompagnarlo, di sostenerlo. I due sono andati e sono tornati. Il giudice ora deve vagliare se questo basta a considerare il debito del ragazzo con la società soddisfatto.
Una storia che sembra venire da un passato remoto, da quel Medioevo in cui “condannare” un colpevole o un peccatore ad andare in pellegrinaggio a Santiago – o a Gerusalemme, o a Roma, o a un santuario vicino, a seconda della gravità della colpa – era abituale.
Al tempo stesso una storia figlia dei tempi nostri, di questo nostro tempo inquieto che sta riscoprendo il valore del cammino, della strada percorsa a piedi come occasione per guardare dentro di sé e fuori di sé, per ricostruire un rapporto con sé e con il mondo un po’ più vero, più profondo. Per ritrovare quella dimensione di base dell’umano che è il camminare, come ricorda, tra gli altri, il bellissimo A piedi di Paolo Rumiz: “Una settimana è sufficiente per imprimere nel corpo del viandante questo impressionante mutamento. Il primo giorno siete sbilenchi, pieni di timori, chini sul telefonino in attesa di chiamate dal mondo che abbandonate. Il secondo giorno prendete un po’ di ritmo e quel ritmo genera musica nella vostra testa. Sputate veleni e incamerate pensieri. Il quarto giorno tutte le vostre funzioni vitali sono tarate a meraviglia, le paturnie inutili sono sparite. Il quinto giorno siete eretti, nobili”.
E così via. E così, sui numerosi Cammini di Santiago, sulla Via Francigena, sui tanti tragitti antichi che grazie a Dio vengono sempre più spesso riaperti e curati, sempre più gente cammina in cerca di se stessa.
E complimenti, oltre che all’associazione, al giudice. Una scelta non facile, in tempi forcaioli, scommettere sulla libertà dell’altro. Ma è così. Nel mio piccolo, lo vedo coi più irrequieti fra i miei studenti. Che cosa funziona con loro? Note, sospensioni, punizioni? Niente di tutto questo, li incattiviscono soltanto. Invece un’esperienza buona, un’esperienza in cui si rendono utili o incontrano cose belle: questo può incidere, questo può cambiare. I miei studenti, il ragazzino che è andato a Santiago, me.