L’esposizione della propria vita privata sui social (o in tv) ha raggiunto livelli mai visti prima. Persino due donne famose come Ilary Blasi e Belen Rodriguez hanno affidato alle telecamere le loro confessioni: tradimenti, gossip, recriminazioni… E poi la fine dei rispettivi matrimoni. Al pubblico, però, non vengono esposte solamente le vite di chi ha una certa notorietà. Anche i genitori “comuni”, ormai, spiattellano sui social la quotidianità, nonché le facce dei loro figli. Un vero e proprio effetto “ostensione” del privato che ha effetti sulla vita dei più piccoli. Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta, ricercatore al Dipartimento di scienze biomediche della Statale, ne parla su Il Fatto Quotidiano.
Ad esempio, come vivono i bambini i litigi “pubblici” dei genitori? L’esperto spiega: “È naturale che una coppia sana viva anche conflitti. Quello che serve ai figli di fronte a genitori conflittuali è vedere che davanti a quel conflitto non si frantumano le certezze. La cosa più educativa e protettiva che può succedere a un figlio è capire che dopo il litigio i genitori sanno ricostruire l’armonia: il legame funzionale non è quello mai disturbato da una discussione, ma quello in cui dopo la perturbazione si ritrova l’equilibrio. E questo vale anche dopo un divorzio. Si separano due partner che nel rapporto adulto sentono di non avere più affinità, ma quegli stessi due adulti devono continuare a far squadra, per sempre, come genitori: “ci lasciamo ma non ti lasciamo”. Quando tutto esce dal perimetro della casa e diventa pubblico quello che resta è la svalutazione dell’altro genitore”.
Condividere foto dei figli sui social. L’esperto: “Solo per i famosi like”
La pubblicazione degli affari privati sui social ha effetti anche sui figli, che ad esempio risentono del giudizio dei compagni di scuola. Lo psicoterapeuta Alberto Pellai spiega a Il Fatto Quotidiano: “Il tema è lo stigma che arriva dai giudizi degli altri. Un tempo questa cosa restava nel perimetro della microcomunità, oggi capita che si trasferisca al mondo intero. Quando sei un bambino “figlio di” l’identità di “figlio di” non ti si scolla di dosso. C’è un’enorme responsabilità di una persona che ha un ruolo pubblico rispetto alla dimensione genitoriale: i figli hanno diritto di essere i bambini di se stessi, prima di diventare parte di una narrazione pubblica”. C’è poi un problema ben più grave di privacy. “I figli degli influencer diventano attori: c’è una forma di tutela, come per esempio accade nel cinema?” si chiede lo psicoterapeuta.
Poi prosegue: “Nella esperienza clinica mi capita spesso di vedere che i genitori postano le foto dei figli quando sono lontani da loro, perché ne sentono la mancanza. Socializzando l’immagine del proprio bambino sembra al genitore di rientrare in contatto con lui. Allora io consiglio alle mamme e ai papà di aggiungere un pensiero: questo è un mio bisogno, non di mio figlio; e poi di chiedere al bambino se gli fa piacere. Così i figli imparano che la loro immagine entra in una cornice che ha regole e significati, dunque quando loro entrano nei social avrà senso che i genitori li sorveglino”. Pellai, infine, spiega che questa società così esposta “ha aumentato le fragilità. Ciò che socializziamo di noi deve avere consensi, i famosi like. Questo ci porta ad andare sempre verso una rappresentazione di noi che risponde al criterio della popolarità e non della verità: così ci disconnettiamo dalla realtà di noi stessi. Ai bambini che si vedono continuamente ripresi implicitamente consegniamo il messaggio che sono persone straordinarie e che il loro destino è, male che vada, camminare sul red carpet di Hollywood”.