Confessioni “drive-in”, senza scendere dalla macchina: l’ingegno di molti preti è stato stimolato dal Coronavirus, che impedendo la celebrazione dei sacramenti in modo “normale” ha stravolto l’attività anche dei sacerdoti cattolici. Per la Messa sappiamo che anche in Italia bisogna ancora avere pazienza, per le confessioni invece la situazione è un po’ diversa. In fondo, vi sono solo due persone coinvolte in una confessione: il penitente e il sacredote.



Ecco dunque l’idea di un “confessionale drive-in“: “È bizzarro, in effetti, ci si avvicina a un sacramento millenario come la confessione senza uscire dall’auto, come si fa da McDonald’s“, dice al Corriere della Sera padre Vincent Poitau, che assieme all’altro sacerdote David de Lestapis ha organizzato questo nuovo metodo per le confessioni al tempo del Coronavirus nella parrocchia Saint Jean-Paul II di Limoges, in Francia.



L’idea è nata grazie ai social media: “Abbiamo visto che qualcosa di simile era stato fatto nei parcheggi in Polonia e negli Stati Uniti”. Nella loro parrocchia lo spazio poteva andare bene “e ci siamo detti, perché no?”. La pagina Facebook è stata vista da 30-40 mila persone all’inizio e ormai raggiunge i 70 mila contatti, chiaramente non tutti vengono a confessarsi, ma sicuramente l’idea ha suscitato molto interesse.

CONFESSIONI “DRIVE-IN”: IL RACCONTO DEL SACERDOTE

Padre Vincent, 52 anni, quantifica anche il numero di confessioni in modalità “drive-in”, sia pure con l’auspicio che questa soluzione provvisoria abbia breve scadenza. Di solito tra 5 e 10 fedeli andavano a confessarsi al sabato mattina dalle 10 alle 12 alla parrocchia Saint Jean-Paul II, e più o meno lo stesso numero si è adattato al confessionale drive-in: “È entrato in funzione sabato 25 aprile, poi abbiamo ricevuto i fedeli ancora sabato 2 maggio, e contiamo di farlo un’ultima volta sabato prossimo. Poi, se tutto va bene, a partire dall’11 maggio in Francia si uscirà gradualmente dalla quarantena e potremo tornare al confessionale tradizionale”.



L’altro sacerdote, padre David, 40 anni, ha chiesto e ottenuto il permesso del vescovo di Limoges, che ha raccomandato solo di rispettare la riservatezza dei fedeli. Il problema però non sembra porsi per queste confesisoni drive-in: “In fondo l’abitacolo di un’auto permette una certa discrezione. Non è poi così diverso da quel che facciamo d’estate, all’aperto, durante i campi giovanili”.

Padre Vincent ha osservato che la pandemia di Coronavirus ha suscitato buoni comportamenti da parte della gente di Limoges, almeno coloro con cui i due sacerdoti di questa parrocchia sono rimasti in contatto in settimane così difficili (ad esempio proprio chi è venuto a confessarsi): “La mia sensazione è che molti abbiamo cercato di approfittare della quarantena per concentrarsi sull’essenziale, sulle cose più importanti. Chi viene a confessarsi lo fa per liberarsi dei peccati, per sentirsi pulito, ma anche perché è il modo migliore per connettersi al Signore, riconoscendo che da soli non ce la facciamo a uscire dall’infelicità terrena. Ecco perché per noi sacerdoti la confessione è il momento più bello. La confessione permette la relazione con il Signore, è lì che ci affidiamo alla sua bontà. Valeva la pena piazzare la nostra tenda bianca davanti alla chiesa, e stare vicino ai fedeli anche e soprattutto in questo momento difficile”.