Per Confindustria il messaggio è netto: senza Green Pass deve essere il lavoratore a pagare i “danni”. Mentre il Paese è ancora scosso dai fatti di Roma dello scorso weekend, si guarda con non poche perplessità a quanto accadrà dal 15 ottobre prossimo, quando cioè entrerà in vigore l’obbligo di Green Pass per tutti i lavoratori nei propri luoghi di lavoro. Lo scontro dei “No Pass” sfociato in violenze inaccettabili rischia di celare il vero nodo della questione, ovvero circa 4 milioni di italiani non vaccinati (il 15% del totale dei lavoratori in Italia, 23 milioni) che al momento rischierebbero stipendio e posto di lavoro (sospensione, no licenziamento) non avendo e non volendo adottare il certificato verde anti-Covid.
Da qui parte il documento di Confindustria emesso nelle scorse ore, con una dura presa di posizione contro i “no vax” o quantomeno i dubbiosi sul certificato verde: nel pamphlet “L’estensione del green pass al lavoro privato” le aziende auspicano la richiesta dei danni al lavoratore senza pass in alcuni casi specifici. «Ogni comportamento che dovesse recare danno all’impresa, incidendo negativamente sulla possibilità di far fronte ai propri obblighi contrattuali, legittima la reazione aziendale sul piano della richiesta del risarcimento danni», si legge nella nota emessa da Confindustria. Secondo il vicepresidente Maurizio Stirpe, l’accordo siglato dal Presidente Bonomi con sindacati e Governo Draghi è corretto e non va modificato, neanche con i tamponi gratuiti: «Pagare i tamponi a chi non si vaccina va contro il fine con cui il governo ha varato questo provvedimento, cioè incentivare le vaccinazioni. Una ratio che noi condividiamo», spiega il n.1 degli industriali al “Corriere della Sera”.
NO GREEN PASS, QUALI LAVORATORI RISCHIANO
In merito alla circolare interna sulle specifiche del Green Pass, Confindustria conferma «Credo anche che in alcuni casi possano esserci gli estremi per provvedimenti disciplinari importanti. Penso per esempio al caso di un dipendente che entri in azienda con un green pass falso, generando poi un contagio tra i lavoratori». Stirpe chiede anche il Green Pass per chi fa smartworking, oltre ad escludere i controlli a campione, «Il nostro suggerimento è controllare tutti. L’applicazione del principio del massimo rigore tutela il datore di lavoro che, per la legge, è responsabile della salute e sicurezza dei dipendenti». Tra i lavoratori più a rischio, ribadisce il documento di Confindustria, vi sono quelli «impegnati in appalti/commesse/ordini in cui è essenziale la loro presenza, lavoratori trasfertisti che non possono partire in mancanza di green pass, lavoratori assunti in edilizia per uno specifico appalto». Infine, un appello al Governo il mondo delle imprese lo lancia sulla validità dei tamponi: si preme affinché si allunghi la tempistica da 48 a 72 ore per poter rendere più semplici i controlli. Con i prezzi calmierati imposti dall’esecutivo sui tamponi, al momento, un lavoratore no vax può spendere fino ad un massimo di 200 euro al mese per i tamponi: questo prezzo, concludono Confindustria e Confcommercio, viene consigliato di farlo pagare direttamente ai dipendenti, diversamente da quanto chiesto da sindacati e partiti di Centrodestra.