Nei giorni scorsi è ripartito, dopo un lungo stop, e con molte difficoltà, il necessario dialogo tra Confindustria e sindacati. Un rapporto/confronto sempre prezioso, ma che lo è ancor di più in un momento di svolta come quello che stiamo vivendo e nel quale saremo chiamati, come sistema Paese, a prendere delle decisioni cruciali per i prossimi anni (decenni?) e per la ripartenza del Paese dopo la crisi, sanitaria ma anche economica, legata al Covid-19.
Particolarmente interessante sembra essere, rispetto al processo in corso, la posizione del Segretario generale della Uil Bombardieri, recentemente eletto, che si trova, quindi, a gestire la prima grande fase di rinnovi contrattuali e di confronto con la parte datoriale.
Se, infatti, il punto di partenza condiviso è, per tutti, il “Patto della fabbrica”, sottoscritto ormai due anni fa, il leader di via Locullo (sede della Uil) si interroga su cosa volesse dire il Presidente di Confindustria quando ha parlato di portare avanti una “rivoluzione” dei contratti di lavoro. Secondo l’erede di Giorgio Benvenuto, infatti, oggi la rivoluzione nel nostro Paese la si fa ridando potere d’acquisto ai lavoratori e rinnovando i contratti. Se questo non avverrà si minaccia, allora sì, una “rivoluzione” dal basso, portata avanti dai sindacati andando nei, vecchi e nuovi, luoghi del lavoro a spiegare quello che, secondo loro, non si dovesse realizzare.
Ogni riflessione su innovazione, ricerca, produttività sembra, insomma, rimandata, a quando si firmeranno i contratti. La Uil ha evidenziato, inoltre, come nelle diverse assemblee che si tengono (ancora accade) nelle fabbriche, i lavoratori parlino, molto spesso, della “mia azienda”. Le aziende, si sembra sostenere, dunque, non sono dei “padroni” (un termine che sembrava andato in soffitta anni fa), ma dei lavoratori, che per farle vivere ci mettono sudore, sangue e, drammaticamente, a volte, anche la loro stessa vita.
Dopo l’incontro tra le parti sociali i toni, seppur accesi, sono sembrati più rassicuranti e tendenti all’ottimismo vedendo, in questo nuovo dialogo, dei passi avanti per il rilancio dell’occupazione e del Paese. Risuonano, comunque, ancora quelle parole “rivoluzione” e “padrone” che sembravano uscite per sempre dal dibattito pubblico e dal mondo delle relazioni industriali. Sembra, quasi, di essere tornati a quel “o vivremo del lavoro o pugnando si morrà” scritto da Turati per il suo canto dei lavoratori.
Se è plausibile, infatti, pensare che, nonostante tutto, non si tornerà a quello schema da “lotta di classe”, viene, tuttavia, da chiedersi se questa fase storica che stiamo vivendo con tutti i “nuovi” problemi che ci pone non possa stimolare una riflessione su ruolo e funzione dei sindacati nel mondo di oggi e quale sia il contenuto possibile di una “rivoluzione” del terzo millennio.