Più che uno sprint, più che una maratona, è stata una corsa ad ostacoli, che finalmente ha dato un senso compiuto a un progetto confindustriale nato molti anni fa, nell'(ex o forse ancora) mitico Nordest.

Nel Duemila, sulla scorta dell’impostazione della riforma Pesenti, in Veneto nasceva un primo atto concreto verso l’integrazione confindustriale: era NEI Nordestimpresa.com, un accordo tra Confindustria Veneto (presidente Rossi Luciani) e Infracom per la “costruzione di informazioni” a fattore comune: un’iniziativa di sistema, la prima in Italia, avviata per creare una rete di collaborazione reale fra le associazioni. Altro passo avanti nel 2007: Confindustria Veneto (presidente Andrea Riello) chiamava a raccolta i presidenti e i direttori delle territoriali: sul tavolo l’ipotesi di poter lavorare insieme. Ma le resistenze erano forti, si temeva una cessione di sovranità. Si iniziò da Unindustria Treviso e Confindustria Venezia. Nel 2008 venne siglato un primo atto formale tra Alessandro Vardanega (presidente a Treviso) e Antonio Favrin (presidente a Venezia): alla base erano sinergie e iniziative comuni, con l’obiettivo di razionalizzare le strutture, abbattere i costi, fare massa politica.



L’anno successivo, scaduto il mandato di Favrin, Confindustria Venezia cambiava la presidenza (toccò a Luigi Brugnaro), e quel progetto di fatto finì in un cassetto. Ma, anche senza Venezia, qualcosa aveva comunque iniziato a muoversi: prima nel settore formazione, tra Padova e Vicenza, poi nella creazione di SistemAperto, tra Treviso, Padova e Vicenza. Nel 2009, una volta archiviato il tentativo di avvicinamento tra Treviso e Venezia, l’allora presidente padovano Massimo Pavin trovava una sponda sensibile alle idee di integrazione in Vicenza, quanto meno per i servizi legati alla formazione: a Padova esisteva da tempo e funzionava egregiamente il Forema (formazione e consulenza d’impresa); a Vicenza operava l’omologa Risorse in crescita (sicurezza, ambiente e qualità). Nell’aprile 2014 nacque una nuova società, la Niuko, un’assonanza con newco, new company, unico controllo ma due ragioni sociali.



Il sodalizio durerà cinque anni: nel 2017 Luciano Vescovi, nuovo presidente della territoriale vicentina, optò per l’eutanasia dell’esperienza. Ma archiviata l’alleanza con Vicenza, tra Padova e Treviso il progetto di sinergia non scomparve. Dopo un lungo iter, burocratico ma anche di sedimentazione di una nuova cultura associativa, nel 2018 vide la luce Assindustria Venetocentro – imprenditori Padova Treviso, la grande unitaria territoriale nata dall’unione tra Confindustria Padova e Unindustria Treviso, con 3500 imprese associate.

Tutto questo per riassumere i tanti ostacoli e la lunga marcia che ha portato ai risultati odierni. L’altro giorno le assemblee degli associati di Assindustria Venetocentro e Confindustria Venezia – Area Metropolitana di Venezia e Rovigo, riunite in contemporanea a Padova, hanno approvato all’unanimità il piano industriale e l’accordo di integrazione tra le due associazioni. È nata così Confindustria Veneto Est – Area Metropolitana Venezia Padova Rovigo Treviso, la seconda associazione territoriale del sistema Confindustria (dopo quella lombarda), con 5.000 imprese associate e 270.000 addetti, in rappresentanza di un territorio chiave dell’economia italiana, una città diffusa con 3 milioni di abitanti, che genera 96 miliardi di Pil, 32,5 miliardi di export, il 55% del valore aggiunto manifatturiero del Veneto e il 6,8% di quello nazionale (27 miliardi nel 2021), dando così “concreta attuazione al vertice veneto del nuovo triangolo industriale, con Milano e Bologna metropolitane, nel cuore dell’Europa”, com’è stato proclamato nelle assemblee.



“La nuova associazione – ha detto Leopoldo Destro, presidente di Assindustria Venetocentro e dal prossimo gennaio anche della nuova super territoriale, in quanto presidente in carica con più elevata durata residuale del mandato – rappresenta un’innovazione istituzionale di grande portata, che nel pieno di transizioni epocali traccia la strada per il futuro. Un’indicazione alla quale mi auguro si ispirino non solo le associazioni confindustriali, ma anche tutti i corpi intermedi e le istituzioni pubbliche e private”.

A questo punto, in Veneto restano escluse solo le territoriali di Vicenza, Verona e Belluno, evidentemente barricate in una difesa d’ufficio dei propri perimetri, mentre però l’economia sembra andare in direzioni sensibilmente diverse. Oggi si parla meno, ad esempio, dell’export del “made in”, e più di nearshoring, cioè della regionalizzazione (vicino a casa) della supply chain, la catena di approvvigionamento, tendenza accentuata dopo i problemi sorti in conseguenza alla pandemia e ai lockdown. Il nearshoring riduce gli effetti di eventuali interruzioni e aumenta le attività delle aziende manifatturiere italiane in Paesi dell’area Ue, come Polonia, Romania e Bulgaria, ma anche in Paesi extra Ue come Serbia ed Albania. Una recente indagine di banca HSBC (su 10 mila aziende in 39 Paesi) ha rivelato che il 93% delle imprese si preoccupa proprio degli approvvigionamenti, e delle supply chain, ritenendo quelle “globali” come le più a rischio. Non può esserci produzione senza materiale, ovviamente. Ed è chiaro che la capacità contrattuale di una rappresentanza forte può influire nelle aree di prossimità ben più di singole associazioni, per creare filiere sicure e continue ed assicurare forniture adeguate alle richieste. Ma non sono solo le trincee di Vicenza, Verona e Belluno a stridere: nel sistema confindustriale, alla luce di questa nuova fusione, sembra in discussione anche la sopravvivenza della federazione regionale, delegata solo al confronto con i vertici politici veneziani e poco altro.

La nuova Confindustria Veneto Est è dunque un ottimo passo avanti, ma è comunque un semilavorato, che fa immaginare ancora altre sinergie, perché no?, anche superregionali (perfino le diocesi hanno confini diversi da quelli amministrativi o geografici). Si è detto del nuovo triangolo industriale, con vertici a Milano, Bologna e Veneto Est. Probabilmente, di fatto, è già questo di fatto il primo capitolo della nuova Confindustria dei territori.

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