Come un qualsiasi commercialista di provincia, vestito in blu e senza cravatta per l’aperitivo, Bonaccini ha abbracciato la giovane collega di studio Schlein a fine serata. Elly, con la giacca rossa (unica vera nota rivoluzionaria), ha provato ad infiammare la serata, ma aveva la stessa verve della praticante che ha appena scoperto come applicare l’Iva su una fattura estera e non vede l’ora di dirlo a tutti.
Lo sguardo sornione del vecchio professionista ha lasciato fare mentre la ragazza declinava la lezioncina. Per poi rispiegarla in modo più pacato e semplice.
In fondo i due sono d’accordo. Il Pd del futuro si muoverà su salariati, minoranze sociali ed energie rinnovabili. E basta. Il resto del mondo è fuori dal mirino. Nessuna parola su artigiani, piccole imprese, neppure un accenno ai pensionati. Disoccupati non pervenuti. La parola “crisi” non è stata neppure proferita. Tanta sanità pubblica per entrambi (tema in realtà molto più renziano, con la campagna dell’ex segretario per il Mes), tanti elogi ai professori di scuola (a cui aumentare gli stipendi secondo entrambi), un clima da accordo già fatto per il futuro tra i due.
Avessero parlato come candidati alla guida dell’Emilia-Romagna, si sarebbero almeno rinfacciati qualcosa. Invece no. Si vede che la ditta è la stessa e che nessuno dei due punta davvero a comandare. Il che scongiura l’ipotesi di scissione, ma pare evidente che hanno recitato un copione preciso in cui ognuno ha riservato le parole peggiori al Governo.
Il punto è che con la recitazione televisiva su Sky non hanno davvero fatto emergere cosa vogliono per il futuro. Ovvero, dove prendere le risorse, che alleanze fare, su quali basi costruire una proposta di governo, che appare più un’acerba aspirazione di due entusiasti che il progetto di un gruppo dirigente maturo. Ai loro referenti di corrente hanno riservato entrambi la promessa che i posti in Parlamento, in futuro, verranno divisi tra centro e periferia tramite le primarie (premiando i capi delle zone) evitando la follia di Letta che li ha semplicemente esclusi.
Insomma, il segretario che verrà eserciterà un potere collegiale sui posti da dare alla Camera ed al Senato. Almeno nelle intenzioni. Ma pare chiaro che le differenze vere siano state messe a tacere. Nessuna bagarre sulla guerra in Ucraina, nessuna scintilla vera sul reddito di cittadinanza, persino sul Job Act la Schlein ha giocato di fioretto, presa in contropiede da Bonaccini che ha rispolverato la vecchia proposta prodiana di far costare di più il lavoro a termine rispetto a quello a tempo indeterminato. Per il resto nulla di diverso da una chiacchierata al bar sul futuro del lavoro. Citando la Spagna (come ai tempi di Zapatero) come esempio (la Schlein) o i fischi a Mirafiori che Bonaccini rivendica, citando Bersani come unico segretario che davanti a quei cancelli ci era andato.
E Bersani è l’unico ex segretario citato più volte. Si vede che è il loro padrino. Somigliano a lui. I suoi toni, la sua cultura. Insomma una spremuta di Emilia opulenta che ambisce a capire il Paese perché ha scoperto, in tarda età, che esiste la Sicilia, che la Calabria è lunga e che in Puglia si mangia bene. Avessero volato alto almeno un po’, facendo capire che tipo di società vogliono, se più liberale e civica o più sociale e statalista, almeno avrebbero rivendicato una linea più precisa. Invece saltellano entrambi tra visione iper-statalista sulla spesa, iper-liberale sui diritti, volendo evitare di imporre (giustamente) modelli morali di società, ma volendo invece imporre in economia divieti, limiti e barriere. Poco credibili entrambi sul contrasto all’autonomia differenziata. Avendola votata nella loro regione e avendo entrambi nicchiato sul tema prima di candidarsi alla guida del Pd.
Sulle critiche al Pd si è infine giunti al momento più rivelatorio. Come quando il tuo commercialista sbaglia la dichiarazione dei redditi e ti chiama con la sua assistente chiedendoti di perdonarlo, che non succeda più, che è colpa di un vecchio socio che non c’è più, di non andar via. Che in fondo siete amici. E che lui è molto pentito e se tu vai via dovrà trovarsi un altro lavoro. Nessun accenno alle cause dell’errore o ai rimedi che si vogliono trovare, nessun accenno a come fare in futuro perché non accada più. Solo tante scuse e una cartella esattoriale che devi comunque pagare tu perché chi ha fatto l’errore ora non c’è più. Ecco. L’appello è questo. Non lasciateci. Sennò ci tocca fare altro e noi questi siamo, questo sappiamo fare. Un po’ poco per portare la gente ai gazebo.
Ma i numeri ci saranno, quelli minimi. Con la promessa di primarie per i posti in Parlamento vedrete che ogni consigliere comunale già si vede a Roma tra qualche anno e porterà amici e parenti pur di provare che ce la può fare. A far cosa poi lo si vedrà. Per ora basta che i clienti restino. Altrimenti la ditta chiude.
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