Il congelamento degli ovuli sembra essere diventato una moda. Le donne che scelgono di ricorrere a questo meccanismo semplicemente per rimandare a data da destinarsi la possibilità di intraprendere una gravidanza sono sempre di più. È così che anche i centri italiani di PMA, come riportato da Il Giornale, adesso sono pieni di migliaia di ovuli congelati, che restano per anni conservati a -196 gradi in azoto liquido, in attesa di essere inseminati e reimpiantati nell’utero per dare potenzialmente vita a un feto. 



In passato questa soluzione era praticata quasi totalmente da donne che erano costrette a sottoporsi a cure che potevano andare in contrasto con il loro desiderio di diventare mamme. Una garanzia o quantomeno una fonte di speranza per il futuro. È il caso, ad esempio, della modella Bianca Balti, che ha deciso che regalerà questo percorso alla figlia 17enne dopo essersi sottoposta ad una doppia mastectomia preventiva poiché portatrice della mutazione del gene BRCA1, che predispone allo sviluppo del cancro al seno. Adesso però le ragioni sociali e personali pare stiano spesso superando quelle prettamente mediche. 



Congelamento degli ovuli non sempre va a buon fine: la disinformazione dietro il boom

Con l’età media delle donne in cerca di una gravidanza che aumenta sempre di più, sono molte quelle che devono fare i conti con l’infertilità. Da giovani non si sentono pronte oppure non hanno al loro fianco l’uomo giusto, poi arriva la brutta sorpresa. È così che ci si rivolge ai centri di PMA. Gli esperti temono che le gravidanze mediamente assistite tra pochi anni possano superare in numero quelle naturali, generate dal normale e fisiologico atto sessuale. Le statistiche però non sono l’unico problema, dati i potenziali rischi derivanti da una gravidanza in tarda età.



È per questo motivo che la crioconservazione degli ovociti viene presentata come una polizza assicurativa sulla fertilità e sulla buona salute del feto. Ciò ha portato ad un aumento del 25% all’anno del congelamento degli ovuli. Anche se non sempre le informazioni scientifiche sono comunicate nel modo corretto: le probabilità di successo di questa pratica, infatti, sono pari al 50% per le under 30, al 40% fino ai 35 anni e solo del 18% al di sopra di questa età. Non è dunque tutto oro ciò che luccica.