In Congo è in corso una guerra silenziosa per il coltan, ovvero il columbite-tantalite, un prezioso minerale che viene utilizzato per la costruzione di microchip. Il Paese, come riportato da Avvenire, estrae infatti dalle sue miniere, anche artigianalmente, il 70% della disponibilità mondiale. Quello della zona è ritenuto il più raro e interessante perché contiene un alto tasso di tantalite. Gli altri Stati vicini, come la Ruanda, hanno meno risorse di qualità a disposizione. È per questo motivo che si è scatenato il contrabbando.



I dati relativi allo scorso anno rivelano che il Congo ha esportato 1.918 tonnellate di coltan. Una quantità inferiore rispetto all’anno precedente. Allo stesso tempo, sono aumentati i numeri relativi alla Ruanda, che ne conta 2.000 tonnellate. Il motivo è da ricondurre proprio al contrabbando che ha causato un decennio di conflitti. La questione è legata anche alle tasse delle esportazioni, assenti nel secondo Paese. È per questo che altri ne approfittano.



Il racconto della guerra tra Congo e Ruanda per il coltan

Se all’estero non si parla molto della guerra in Congo per il coltan, diversa è la situazione relativa a ciò che sta vivendo la popolazione locale. Le organizzazioni umanitarie accusano infatti la Ruanda di esecuzioni sommarie, massacri e stupri per seminare il terrore. Il conflitto ha provocato 6,5 milioni di sfollati interni. Le stime rivelano che nel 2024 più di 25.4 milioni di persone, un quarto degli abitanti, avrà bisogno di assistenza umanitaria.

A dimostrare cosa sta accadendo nel Paese è stato di recente un video che mostra un bambino di circa un anno piangere davanti al cadavere della madre uccisa mentre stava fuggendo da un attacco dei militari sostenuti dalla Ruanda. È attraverso queste testimonianze che le organizzazioni umanitarie stanno lanciando l’allarme su ciò che sta accadendo nel silenzio del mondo. Anche l’Onu si sta muovendo per la causa.