In Congo il fenomeno della tratta di essere umani sta aumentando in modo “allarmante”, soprattutto ai fini dello sfruttamento sessuale. A comunicarlo, come riportato da Ansa, sono stati dodici esperti delle Nazioni Unite sulla base di un rapporto registrato dall’agosto del 2023 al mese scorso, che ha preso in riferimento le province di Nord Kivu, Sud Kivu, Ituri, Tanganica e Maniema. È emerso che le vittime sono state ben 531, per lo più donne, adulte e giovanissime, che son state rapite per essere ridotte in schiavitù, venendo anche costrette a sposarsi.
Un dato che dimostra che la situazione si sta aggravando sempre di più è proprio quello relativo ai matrimoni precoci e forzati, che vedono protagoniste vere e proprie bambine. Una violazione dei diritti umani che in questo Paese viene da tempo purtroppo normalizzata. “Siamo consapevoli che questa è solo la punta dell’iceberg perché la paura di rappresaglie da parte dei gruppi armati, lo stigma sociale, la mancanza di aiuti alle vittime di rapimento, così come l’impunità diffusa, impediscono di denunciare alle autorità e agli organismi delle Nazioni Unite”, si legge nel rapporto.
Congo, la preoccupante situazione tra tratta di essere umani e scontri
Il problema della tratta di esseri umani, delle violenze e dei matrimoni precoci in Congo si inserisce tuttavia in una situazione ben più ampia, che vede il Paese nel mezzo di una insicurezza totale, soprattutto nella zona a Est. Spesso si verificano scontri tra gruppi locali e forze armate, al punto da provocare rilevanti spostamenti della popolazione. In queste condizioni anche le associazioni umanitarie fanno fatica a operare per preservare le condizioni in cui vivono le persone, tanto che si teme persino la chiusura della missione delle Nazioni Unite, che hanno denunciato il fenomeno. È proprio dall’Onu che arriva anche la segnalazione in merito al “coinvolgimento delle forze di sicurezza e di difesa nella schiavitù, violenza sessuale e matrimoni precoci”.
A unirsi all’appello dell’associazione è stata la Chiesa: “La situazione è drammatica, tra la popolazione c’è un grande clima di panico”, ha affermato un sacerdote della diocesi di Butembo-Beni, che ha voluto rimanere anonimo.