Nella stampa italiana il congresso del Partito popolare europeo a Rotterdam ha trovato spazio solo per l’assenza di Berlusconi e l’incursione del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano con relativi scambi di saluti alla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen.
Non una parola sui dibattiti e le tesi del congresso. Non una parola sulla nuova leadership tedesca del partito, quella del bavarese Manfred Weber e tantomeno commenti al discorso di chi ha preso il posto di Angela Merkel: Friedrich Merz. Eppure, mentre noi continuiamo a guardare il nostro ombelico, il mondo cambia e la principale forza politica a livello europeo ha assunto una decisa trazione baltico-scandinava, che sul piano delle idee costituisce la reale alternativa alla forza tranquilla e parsimoniosa della Cdu-Csu tedesca e al “fermo biologico” dei partiti popolari di Francia e Italia, ormai ridotti a percentuali marginali nel dibattito politico nazionale.
Ne emerge un Ppe green oriented, antirusso a muso duro, che anche da parte tedesca tende a stigmatizzare i comportamenti ambigui verso il Cremlino come quelli del cancelliere tedesco socialdemocratico Scholz, spesso accusato nel dibattito di dipendere più dal vecchio leader Schröder, oggi a capo di Gazprom Europa, che non dalla collocazione europeista e dalla vicinanza all’Ucraina.
Non solo i numeri ma le idee del Ppe sono traslate verso i mari del Nord insomma. Atlantismo ed europeismo incentrato su autonomia strategica, allargamento a Balcani occidentali e Paesi in fuga dall’ex blocco sovietico sono le direttrici di marcia. Di Mediterraneo e Medio oriente si è parlato, ma solo su insistenza della folta delegazione di partiti maroniti libanesi preoccupati per il dissesto finanziario del loro Paese e le ricadute dei conflitti siriano e ucraino.
Tra le leadership sicuramente in evidenza il croato Andrej Plenkovic, prossimo socio del club dell’euro, a caccia di gas nell’alto Adriatico mentre noi prolunghiamo all’infinito il dibattito su come procurarci fonti energetiche adeguate. E poi lui, appunto: Friedrich Merz, iper-atlantista e deciso a non farsi soffiare questo ruolo dai polacchi, che hanno profondamente influenzato nel partito in crescita dei Conservatori europei (Ecr) le nuove posizioni filoamericane della presidente italiana Giorgia Meloni. Promotore, Merz, a differenza della Merkel, di un’Europa della solidarietà e deciso come pochi a scalzare i socialisti tedeschi dal governo perché a suo dire non sono in grado di reggere le circostanze.
I popolari europei si preparano quindi a giocare le proprie carte in vista della tornata elettorale del 2024 e a dettare la linea in Europa del confronto con Putin, puntando con decisione sul rinnovato rapporto con Washington dopo il ciclone Trump. Populisti e popolari non hanno infatti le stesse idee, ma gli elettori sono gli stessi e solo stando dalla parte della democrazia (slogan della manifestazione) sarà possibile porre fine a questo tempo di confusione che tanto ha condizionato la credibilità in molti Paesi dei cristiano-democratici e dei liberali europei.
Logica in questo senso la convergenza dei delegati per l’elezione a presidente del bavarese Manfred Weber come uomo di sintesi di questi elementi: una Unione Europea più coesa politicamente, più forte sul piano della sicurezza e della difesa e con una visione economica ed industriale più sostenibile. L’Ue è stata fondata su principi che mirano a salvaguardare la pace, il nostro modo di vivere, la democrazia e la prosperità, l’uguaglianza dei diritti umani. L’unico mondo sicuro è un mondo multilaterale basato su regole. Poiché il mondo sta cambiando e le sfide alla sicurezza aumentano, i cittadini europei si aspettano una migliore protezione da parte della Ue contro le minacce esterne.
Il Ppe è stato in prima linea nella promozione della cooperazione euro-atlantica e di un ruolo più forte per l’Ue nella difesa e nella sicurezza. Da qui l’insistenza di Weber sul bisogno di un’Unione Europea della sicurezza e della difesa che affronti le minacce alla sicurezza di oggi e di domani, concentrandosi sulla nostra stessa resilienza, affrontando le minacce nel nostro vicinato e aiutando a risolvere i problemi di sicurezza globale.
Questo l’impegno ribadito dagli 81 partiti che fanno parte della famiglia popolare e che con ogni probabilità stanno per essere messi alla prova dal braccio di ferro con Putin e dalle tensioni nello scacchiere euro-mediterraneo con la Turchia di Erdogan e le sue ondivaghe strategie.
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