Sabato 1° aprile, dopo la lezione inaugurale del presidente Luciano Violante di qualche settimana fa, si è tenuta la prima tappa del percorso di formazione politica, promosso dalla Fondazione per la Sussidiarietà, Società Umanitaria e Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, “Conoscere per decidere”. L’evento ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di persone, tra presenti e collegati, interessati a confrontarsi con la domanda che lega le tappe di tutto il percorso: quale ruolo deve avere la politica oggi? Un quesito impellente, benevolmente provocatorio, in un momento così cruciale per il futuro della democrazia, che ha trovato nel momento di sabato una duplice declinazione sul tema della guerra e della pace nel XXI secolo.
Ospite della mattinata è stato Vittorio Emanuele Parsi (professore di Relazioni internazionali, Università Cattolica del Sacro Cuore), mentre nel pomeriggio si sono confrontati sul ruolo delle istituzioni internazionali per la pace Enzo Moavero Milanesi (professore di Diritto dell’Unione Europea al College of Europe di Bruges e all’Università Luiss di Roma) e il gesuita esperto di diritti umani padre Francesco Occhetta (docente di Scienze sociali e coordinatore di Comunità di Connessioni), guidati nel dibattito da Alessandro Colombo (professore di Relazioni internazionali, Università degli Studi di Milano).
Nel corso della sua relazione Parsi ha voluto ripercorrere le principali tappe della recente storia dell’Europa, mettendo in luce come questa, al netto degli ultimi ottant’anni circa, abbia sempre rappresentato il posto della guerra per eccellenza. È solo con la vittoria delle democrazie liberali di stampo anglosassone dopo il 1945, rafforzatasi anche in seguito alla caduta del muro di Berlino dell’89, che vi sarebbe stata una svolta storica con la messa al centro nel rapporto tra gli Stati europei dei principi di collaborazione e di progressiva interdipendenza politica ed economica.
Tutti elementi che negli ultimi decenni avrebbero fatto dell’Europa non più il posto della guerra, bensì il posto della pace, tanto bramato da quei popoli vittime del controllo e della minaccia dell’Unione Sovietica prima e della Federazione Russa poi. In questo contesto, secondo Parsi, lo spaventoso ritorno degli scontri alle porte dei confini europei richiamerebbe a una posta in gioco più alta del solo (e importante) futuro dell’Ucraina, ossia il destino della pace e della democrazia in Europa e nel mondo. È dunque in questa cornice di senso che il sostegno, anche militare, al popolo ucraino ricoprirebbe un ruolo fondamentale per il futuro di quella nazione, nonché dell’Occidente, basato sui princìpi di una società aperta, del rispetto dei diritti umani, dell’uguaglianza e della libertà.
Da queste note ha preso vita il dialogo tra Occhetta, Moavero e Colombo, dove il gesuita ha innanzitutto sottolineato la dimensione psicologica e antropologica della guerra, che non può essere confinata alla sola riflessione sociale e (geo)politica, ma che vede nella dimensione umana il suo specchio, rendendo quindi fondamentale un esercizio di comprensione e di conversione di quella pulsione di morte che è la guerra e
che da sempre caratterizza la storia dell’umanità. Secondo Occhetta il perseguimento della pace passa attraverso un cammino di pacificazione, e non di utopistico pacifismo, che vede anche l’istituzione della Chiesa nel suo ruolo guida di costante richiamo agli orrori della guerra e alla necessità di aspirare, instancabilmente, a un futuro di pace e di conciliazione in nome della libertà, della vita e della convivenza buona tra gli uomini.
Come sottolineato da Moavero, nonostante la grande crisi e le disfunzionalità di tutti gli organismi internazionali, questi rappresentano ancora, seppur in una nuova conformazione che essi dovranno trovare, il punto di riferimento per assicurare la pace, la collaborazione e la convivenza tra i popoli. Rimane dunque il fatto di ricercare un nuovo equilibrio basato su determinati principi e valori che sappia valorizzare, come evidenziato anche da Colombo, la cooperazione e la collaborazione per preservare l’autodeterminazione dei popoli e la loro libertà.
Tra gli spunti emersi dal pubblico, coinvolto nel corso della giornata in attività di gruppo per il confronto e il dialogo sui temi portati all’attenzione dei relatori, si è messo in evidenza come un futuro di pace e di libertà passi inevitabilmente attraverso il rafforzamento e la rigenerazione della democrazia, sia nella sua accezione istituzionale sia nella sua dimensione culturale, vero antidoto all’indifferenza ed un’unica linfa vitale per il futuro della nostra società.
Tutti elementi che hanno permesso di generare consapevolezza circa la complessità del momento che ci troviamo a vivere, che non accetta di essere imbrigliato in una logica “o bianco o nero”, ma che invita ad una riflessione profonda circa l’impegno che ogni persona può dare per la costruzione di un mondo migliore e per la crescita personale e di tutta l’umanità. Anche questo è l’obiettivo del percorso di formazione.
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