Il tema dei trattamenti sanitari è sempre delicato e strettamente collegato all’obbligo del consenso informato del paziente. Di recente la Cassazione è intervenuta al riguardo definendo i confini entro cui si qualificano gli obblighi di informativa del medico. Oggetto del contendere nello specifico è stato il caso di un paziente che aveva chiesto la condanna dell’azienda sanitaria al risarcimento dei danni fisici, a seguito di un errore nell’esecuzione di un intervento chirurgico di asportazione di un’ernia discale, oltre a una ulteriore somma risarcitoria per la violazione del diritto all’autodeterminazione perché il consenso che aveva prestato non aveva tenuto conto (in quanto non indicato) dell’eventuale insorgenza, all’esito dell’intervento, di una seria sintomatologia dolorosa, che poi effettivamente si è verificata sul paziente stesso.



La vicenda è stata riportata dal Sole 24 ore, che ha spiegato anche l’iter giuridico attraverso cui si è snodata. Inizialmente il Tribunale di Trento adito aveva respinto entrambe le domande. Successivamente la Corte d’Appello invece aveva ritenuto valevole solo la richiesta risarcitoria per violazione dell’obbligo di consenso informato. Il caso però non si è fermato qui ed è arrivato anche in Cassazione, che si è pronunciata con l’ordinanza n. 16633 del 12 giugno 2023.



LA CASSAZIONE DELINEA LE CARATTERISTICHE DEL CONSENSO INFORMATO RIGUARDO I TRATTAMENTI SANITARI

La Cassazione ha fornito indicazioni preziose riguardo il consenso informato, in modo che i pazienti possano ricevere trattamenti sanitari in maniera consapevole. Il consenso dovrà quindi essere non solo informato, ma anche consapevole, completo (riguardando quindi tutti i rischi prevedibili, compresi quelli statisticamente meno frequenti, con esclusione solo di quelli assolutamente eccezionali e altamente improbabili) e globale (andando a coprire non solo l’intervento nel suo complesso, ma anche ogni singola fase dello stesso).



Il consenso deve poi essere anche esplicito, “utilizzando termini adatti al livello culturale dell’interlocutore, adottando un linguaggio a lui comprensibile, secondo il relativo stato soggettivo e il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone”. Infine non deve essere meramente presunto o tacito. Solo rispettando tutti questi elementi è possibile bilanciare le esigenze di chiarezza e di concreta fruibilità dell’informazione con la profondità della stessa.